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Letta da Firenze: dimentica i piccoli imprenditori, ricorda le banche…

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Letta da Firenze parla di Berlusconi, Renzi, Merkel ed Europa, ma dimentica i piccoli imprenditori, distrutti dal credit crunch. Dimenticanza colpevole! Secondo Letta dovrebbero aspettare l’unione bancaria europea…

Il premier Letta da Firenze ha detto  “o governo di larghe intese o caos”.

Il governo di larghe intese e’ come una “rivoluzione” – ha detto Letta –  “ma altre alternative non c’erano oltre al voto, con una conseguente maggiore confusione istituzionale”.

“Berlusconi non detta la linea”, ha risposto Letta a chi gli chiedeva di commentare le dichiarazioni di Silvio Berlusconi, «circa la proposta avanzata dal leader del PDL di mettere in atto un braccio di Ferro con Angela Merkel».

In riguardo  alle voci, non troppo sussurrate, del gelo con il sindaco di Firenze Matteo Renzi, Letta  ha dichiarato  “chi pensa che noi «rinverdiremo» antiche storie di galli nel pollaio, ha sbagliato film”. “Sono solo battute quelle di Renzi”.
(Così si è smarcato dalle domande sugli evidenti tentativi di sgambetto, dell’ambizioso Renzi, che freme per la caduta dell’esecutivo -ndr)

Per quanto riguarda l’Euro ha detto “uscirne sarebbe il disastro finale dell’Italia, un errore grave. Noi vogliamo più Europa; l’Europa siamo noi, non possiamo fare finta di niente”.

“L’unione bancaria è fondamentale (per permettere maggiore lucro alle banche -ndr) chiederò con forza che si faccia, che si chiuda la faccenda e questo porterebbe più finanziamenti alle piccole e medie imprese” (stritolate dal credit crunch – e che sicuramente non possono aspettare i tempi biblici dell’unione bancaria europea- caro Letta -ndr).

E qui ci fermiamo …  per rispetto di quei «piccoli imprenditori» e delle loro famiglie “dimenticate dallo Stato”, “stritolate dalle banche”, gente che lavorarava, gente seria “che ha perso tutto”, compreso la dignità, senza nessuna colpa;

E qui ci fermiamo anche per rispetto degli ex dipendenti di quegli «imprenditori», che insieme formavano una grande famiglia.

Ci vogliamo fermare anche per rispetto di quelle persone serie, lavoratrici, rispettose degli altri e dello Stato,  a cui non hanno mai chiesto nulla,  e da cui hanno ricevuto solo “il mal”e (imprenditori senza più una casa, una famiglia, una dignità, imprenditori distrutti ed altri purtroppo che l’hanno fatta finita)  «per colpa di un sistema malato e drogato dalla sete di potere»,  “altro che crisi”.

Tasse sulle masse che diventavano maggiori interessi sul danaro.

E qui ci fermiamo perchè altro non ci interessa.

Sequestro e confisca con il 231.

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Legittimo – per la Cassazione – il sequestro dei beni societari per il reato di associazione a delinquere commesso dagli amministratori mediante emissione di fatture per operazioni inesistenti. Sentenza 24841 del 6-6-2013 in applicazione del decreto 231.

Alla società – con il decreto 231 – ne viene attribuita la responsabilità amministrativa, mediante il sequestro e confisca dei suoi beni.

Una delle poche sentenze che ha applicato pedissequamente il decreto 231-2001.

Fattispecie di causa.

Una società era stata indagata per condotta illecita, ex art 24-ter del decreto 231/2001, riferita al reato di emissione ed utilizzo di false fatturazioni e fraudolenta presentazione delle dichiarazioni reddituali, come previsto dagli artt. 2 e 8 del dlgs 74/2000. A seguito di ciò sui beni societari veniva disposto il sequestro preventivo, per il vantaggio ricevuto a seguito di condotta criminosa dei propri amministratori

Il GIP aveva applicato il comma 1 dell’art. 19 del decreto 231/2001 – con cui disponeva il sequestro dei beni. La norma  recita letteralmente “nei confronti dell’ente è sempre disposta la confisca del prezzo o del profitto del reato, ad eccezione della parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti in buona fede dai terzi ….”

Ed al comma 2 del decreto 231 “Quando non è possibile eseguire la confisca e (il sequestro) a norma del comma 1, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato”.

La società proponeva appello in Cassazione contro l’ordinanza di confisca sostenendo che “l’importo del danno subito dall’erario era minore del profitto ottenuto dalla società” lamentando l’illegittima applicazione dell’art.19 del decreto 231, in merito alla confisca, e sostenendo anche che la società aveva regolarmente presentato la dichiarazione reddituale; “il vantaggio economico poteva essere riferito solo ai documenti oggettivamente inesistenti mentre su quelli soggettivamente fittizi ne aveva corrisposto l’Iva”.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso della società contro la confisca dei beni, affermando che il sequestro era stato disposto “per l’illecito finalizzato al reato tributario”.

Quindi la misura cautelare ha trovato il suo principale presupposto proprio nel reato di associazione per delinquere, e non nell’illecito fiscale derivante dal reato.

In relazione alla falsa fatturazione, sottolinea la Cassazione, la  società aveva ammesso di averne conseguito profitto, fatto che costituisce il vantaggio dell’associazione a delinquere, proprio contemplato nelle finalità di protezione previsto dal decreto 231/2001.

Clandestino assunto: impresa punibile solo con dolo.

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L’assunzione di un clandestino, senza permesso di soggiorno, è punibile – con la reclusione – solo in caso “di dolo” del datore di lavoro (ossia per la sua conoscenza dello stato di clandestino del lavoratore assunto).

Negli altri casi, si configura solo una responsabilità colposa, la quale non prevede la pena detentiva.

Lo ha stabilito la prima sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza n. 21362, depositata il 20 maggio 2013.

La Corte di cassazione ha affermato che nella fattispecie è intervenuta la Legge 24 luglio 2008 n. 125, modificativa del reato.

La difesa del datore di lavoro ha chiesto che venisse applicata la nuova disciplina, che ha abolito le precedenti disposizioni che prevedevano la reclusione anche “per sola colpa”, e quindi per  “la non conoscenza” della presenza irregolare del clandestino in Italia.

Con la riforma, «il legislatore ha reso l’illecito per  assunzione di un clandestino», un delitto punibile con la reclusione e ammenda solo nel caso in cui sussista il dolo del datore di lavoro, con la previsione e la volontá di voler porre alle proprie dipendenze un soggetto irregolare o clandestino.

Preliminarmente i giudici della Corte Suprema si sono soffermati sulla rilevanza, ai fini della configurazione della fattispecie di reato, dell’assunzione in nero.

Più precisamente viene affermato che l’incriminazione per  “chi occupa alle proprie dipendenze” un clandestino, prescinde del tutto dalla fase specifica e precipua del reato principale.

Su questa diverso aspetto i giudici capitolini hanno osservato che nella nuova formulazione della Legge, la fattispecie criminosa dell’assunzione di un clandestino, sia divenuta punibile solo nei casi in cui sussista il dolo dell’impresa.

Per cui, fermo restando che, a norma dell’art. 2, comma 4 del codice penale, per la condotta di reato commesso prima della riforma, resta applicabile il trattamento sanzionatorio previgente più favorevole (arresto e ammenda),  la nuova formulazione della Legge fa sì che il fatto, sia pur colposo comporti l’esclusione della responsabilità penale.

Obbligo Pec ? delego il commercialista per domiciliazione. Facsimile

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PEC imprese individuali: entro il 30 giugno 2013 le imprese individuali dovranno comunicare alla CCIAA l’indirizzo PEC su cui inviare le comunicazioni certificate avente valore legale. Al fine di ottemperare alla legge 17 dicembre 2012, n. 221 comma 2.

E’ necessario registrare una PEC a nome dell’impresa individuale, che e’ la prassi ordinaria, e controllare ogni giorno, che il postino telematico, non abbia NOTIFICATO un accertamento, una comunicazione INPS, un RIMBORSO IRPEF, o una comunicazione di un cliente, ecc. ecc. come una normale raccomandata, che avra’ valore legale di notifica.

Ma alla CCIAA si puo’ comunicare anche una pec registrata a nome di altri come quella ad esempio del proprio commercialista? Certamente si, in quanto l’impresa comunica che “il suddetto indirizzo PEC è quello su cui riceverà le SUE notifiche”, poi se non si leggeranno, avranno comunque valore di notificazione.

Con questa possibilità, ed allo scopo di rendere quindi, la vita fiscale meno complicata ai clienti, che sono molte volte micro-imprenditori, e che non hanno nè  tempo nè dimestichezza con computer e servizi telematici,  il nostro studio, anche per una funzione sociale,  ha predisposto un proforma di DOMICILIAZIONE con cui  ci delegano a ricevere per loro conto le comunicazioni di Posta Elettronica Certificata, salvo poi consegnare ai diretti interessati, con tanto di firma per ricevuta, la MISSIVA CERTIFICATA.

QUESTE NOTIFICHE VIA PEC, come detto, hanno lo stesso valore di una firma che si appone sull’arrivo di raccomandata.

Per venire incontro a tali clienti, “anche se ci prendiamo una bella responsabilita’”, abbiamo predisposto una delega PER DOMICILIAZIONE da fargli firmare per autorizzazione a registrare, a loro nome e sulla loro posizione cameralela pec del nostro studio. 1) nota

“Chi volesse fare questo atto di bonta’,  contro norme che sono assolutamente invasive, potra’ utilizzare il nostro proforma di delega qui sotto.”

Giuseppe Merola Commercialista in Sapri. mail: merolaconsulting@rivistafiscaleweb.it

 

proforma DELEGA DOMICILIAZIONE PEC PRESSO LO STUDIO _______

Il sottoscritto ____________________________________ nato a ______________________________

Residente in ______________________________ Pr. (__)  via/corso/piazza ____________________

c.f.: ________________________________

Titolare dell’impresa denominata __________________________ con sede in ___________________

Pr. (__)  via/corso/piazza ___________________________ P.i.: ______________________________

Iscritta alla Camera di Commercio di ____________________________ n. REA __________________

 Al fine di ottemperare alla Legge 17 dicembre 2012, n. 221
di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese (G.U. Serie Generale, n. 294 del 18/12/2012)

al cui Art. 5 recante “Posta elettronica certificata [..]

  1. 1.       L’obbligo di cui all’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, come modificato dall’articolo 37 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e’ esteso alle imprese individuali (che presentano domanda di prima iscrizione) al registro delle imprese o all’albo delle imprese artigiane successivamente alla data di entrata in vigore (della legge di conversione) del presente decreto.
  1. Le imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale, “sono tenute a depositare, presso l’ufficio del registro delle imprese competente, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata entro il 30 giugno 2013”. L’ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un’impresa individuale che non ha iscritto il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo dell’irrogazione della sanzione prevista dall’articolo 2630 del codice civile, sospende la domanda (fino ad integrazione della domanda con l’indirizzo di posta elettronica certificata e comunque per quarantacinque giorni; trascorso tale periodo, la domanda si intende non presentata).

Che prevede quindi l’obbligo di comunicare al registro imprese l’indirizzo di posta elettronica certificata – PEC,

DELEGA ALLA DOMICILIAZIONE

Il dott ___________________nato a ___________________ il ___________________ c.f. ___________________,

iscritto all’Ordine dei Dottori Commercialisti di ___________________ al n. ____ sez. ___

ad utilizzare per suo conto, la pec di studio denominata _____________________________________

e a registrarla sulla sua posizione camerale per l’invio della corrispondenza legale, con valore di notifica.

Il Professionista, con la presente, si impegna a CONSEGNARGLI IN MANIERA TEMPESTIVA ogni

COMUNICAZIONE CERTIFICATA INVIATA ALLA SUA IMPRESA.

______________ Lì ________                                     timbro e firma della DITTA _______________________

 

Spero di aver fatto cosa utile.

Ricordando che la nota 1 riguarda un chiarimento del Ministero delle Finanze, per cui ciò non sarebbe possibile per le imprese individuali, mentre lo è stato per le società.

Ecco l’estratto della nota.

La nota detta le indicazioni operative per l’iscrizione nel registro delle imprese dell’indirizzo di posta elettronica certificata delle imprese individuali e, in calce, afferma: “Resta fermo che, nel vigente quadro normativo, che ricollega l’obbligo di cui in parola, alla iscrizione dell’indirizzo PEC nell’INI-PEC, e quindi regola le modalità dei rapporti tra impresa e Amministrazione, è necessario che l’indirizzo PEC sia ricondotto esclusivamente ed unicamente all’imprenditore stesso, senza possibilità di domiciliazione presso soggetti terzi“.

A questo crediamo si possa ovviare tramite un chiarimento che dovrà arrivare dal Ministero.

Ma ci chiediamo se la raccomandata manuale viene consegnata a delegati senza problemi, o a studi che hanno la sede legale di varie società, perchè ciò non dovrebbe valere anche per la “RACCOMANDATA TELEMATICA”?

Riforme: approvato il Ddl.

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Il Governo ha approvato il disegno di legge sulle riforme costituzionali.

“L’iter per le  riforme si dovrà concludere in 18 mesi”, ha detto il ministro per le Riforme Costituzionali Gaetano Quagliariello, dopo l’approvazione da parte del Governo del ddl costituzionale che delinea una crono-procedura, per una conclusione positiva.

Il Consiglio dei Ministri ha appena approvato il disegno di legge che stabilisce le norme accelerate per il procedimento di revisione costituzionale, ossia delle Riforme, tanto invocate, anche a più riprese da molti, in primis dal Presidente Giorgio Napolitano.

Il Comitato per le Riforme sarà composto da 20 senatori e 20 deputati, scelti tra i membri delle commissioni per gli Affari costituzionali del Senato e della Camera, e che saranno nominati dai Presidenti delle Camere stesse.

Il Comitato per le Riforme costituzionali, sarà deputato ad esaminare le prospettive di revisione dei Titoli I,II, III e V-parte seconda della Costituzione. Le Riforme riguarderanno:

  • la forma dello Stato.
  • la forma del Governo e del bicameralismo.
  • la Giustizia.

Il comitato per le Riforme riceverà “le proposte di legge”,  di Riforma della Costituzione,  e dopo averle esaminate, sarà investito della responsabilità di elaborare i progetti di Legge Costituzionale corredate da ampie relazioni illustrative.

Per quanto riguarda i tempi di attuazione delle Riforme, il Consiglio dei Ministri ha deliberato che  i lavori parlamentari saranno organizzati in un periodo massimo di 18 mesi.

Il disegno di legge, appena varato dal governo, dovrà essere approvato dal Parlamento entro il 31 ottobre 2013, quando la Commissione degli Esperti avrà presumibilmente terminato i lavori e fornito le prime proposte al Governo.

Insomma per la fine di ottobre 2014 le RIFORME dovrebbero avere l’approvazione finale, salvo l’eventuale referendum confermativo che l’esecutivo comunque ritiene di dover svolgere.

Catasto: ai Comuni l’accesso per la verifica degli immobili.

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L’Agenzia delle Entrate, con il comunicato del 5 giugno 2013, rende noto che i Comuni potranno accedere ai dati del Catasto, per visionare le planimetrie (depositate) degli immobili siti nel proprio territorio.

CONTROLLI CATASTO – COMUNI INTERSCAMBIO DATI AI FINI DELLA VERIFICA DEGLI IMMOBILI.

Ciò ai fini della verifica degli immobili IN CATASTO per  il controllo della rispondenza tra i dati fiscali e la superficie reale.

L’Agenzia comunica che ciò sarà possibile attraverso la piattaforma informatica “Portale per i Comuni” e “Sistema d’interscambio” con cui gli Enti locali potranno accedere al catasto per la verifica degli immobili.

Questo occorrerà sia ai Comuni che allo Stato, anche ai fini del giusto pagamento IMU.

Viene data in tal modo attuazione al Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 29 marzo 2013.

Attraverso il canale telematico quindi, i Comuni potranno accedere AL CATASTO per la verifica dei dati relativi alla superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria, iscritte nella sezione urbana, e corredate di planimetria che sarà possibile visionare in via informatica.

Per i soli immobili a destinazioni abitativa, i Comuni potranno consultare i dati del Catasto relativi alla  superficie al netto di balconi, terrazzi e aree scoperte pertinenziali e accessorie.

Tutto ciò, ovviamente, servirà per effettuare la verifica degli immobili presenti nel territorio comunale: precisamente per controllare se i dati e le planimetrie registrati in CATASTO corrispondano all’immobile realmente esistente.

Il Provvedimento che permetterà lo scambio dei dati tra Comuni e Catasto, con l’Agenzia del Territorio e l’Agenzia delle Entrate, è diretto a perseguire quelle evasioni sui dati comunicati, che spesso sono difformi dai fabbricati, sia in riguardo alla superficie che in riguardo alla categoria qualitativa dell’immobile per l’assegnazione della congrua rendita catastale.

E’ ovvio che anche in questo settore ci sono i furbi: chi dichiara di avere un immobile rurale, mentre in realtà “ha una villa con piscina”; che potrà eventualmente anche essere dichiarata come una normale abitazione di categoria A2, mentre si tratta di una categoria A7, che oltretutto non è esente dal pagamento dell’IMU sulla prima casa.

Cassa forense, prescrizione contributi. Cass.11725-13.

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Prescrizione dei contributi alla Cassa forense. La Sentenza della Corte di Cassazione, ha stabilito che la decorrenza della prescrizione “decennale” dei contributi dovuti alla Cassa, vale anche in caso di dichiarazione “inviata ma infedele” e non solo omessa.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11725 del 15 05 2013 si è pronunciata sulla prescrizione dei contributi previdenziali dovuti alla Cassa Forense.

La disciplina su tale prescrizione dei contributi ed accessori è contenuta nell’art. 19 della LEGGE 20 SETTEMBRE 1980, N. 576 (Riforma del sistema previdenziale Cassa forense) (G.U. 27 settembre 1980, n. 265), che prevede regole diverse in merito alla prescrizione dei contributi dovuti alla Cassa Forense.

Tale differenza si riferisce alla comunicazione dovuta alla Cassa Forense da parte degli obbligati iscritti, in riferimento alla dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23 della stessa legge suddetta (che regola anche la prescrizione dei contributi alla Cassa Forense).

In particolare la distinzione, in merito alla prescrizione, si riferisce all’evidenza dell’effettuazione della comunicazione, l’omissione della comunicazione, l’infedeltà della comunicazione.

L’esclusione della prescrizione dei contributi decennale, dovuti alla Cassa Forense,  si riferisce solo all’ipotesi di dichiarazione reddituale omessa, diversamente la comunicazione infedele della dichiarazione, innesca la prescrizione dei contributi a decorrere dalla data di comunicazione della dichiarazione.

La prescrizione decennale dei contributi dovuti alla Cassa Forense vale anche per la dichiarazione falsa, con decorrenza dal suo invio.

Spese di manutenzione: nuove regole.

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Il decreto sulle semplificazioni fiscali n. 16-2012 , in riguardo alle spese di manutenzione e riparazione ha introdotto nuove regole circa l’eliminazione del calcolo del plafond del totale dei beni acquistati e venduti nel corso del periodo d’imposta.

Il TUIR infatti prevede che le spese di manutenzione sono deducibili entro il limite del 5% del costo dei beni ammortizzabili risultanti all’inizio dell’esercizio.

Il DL N. 16/2012 ha previsto l’eliminazione dell’obbligo “del ragguaglio temporale, ossia dei giorni effettivi dall’entrata in funzione alla chiusura dell’esercizio” del valore dei cespiti acquistati e venduti, ed  ha reintrodotto la nuova regola, già precedentemente in essere, secondo la quale le spese di manutenzioni sono deducibili (interamente nell’anno) solo per  il 5% dei beni strumentali “esistenti all’inizio dell’esercizio”.

Solo per le imprese di nuova costituzione si dovrà tener conto “dei beni esistenti a fine anno”.

Ovviamente tali nuove regole sulla deducibilità delle spese di manutenzione dovranno essere considerate in previsione della redazione di Unico/2013.

Il Fisco incassa le imposte per il falso domicilio all’estero.

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Il Fisco italiano incasse le imposte per i redditi prodotti oltre frontiera, quando il contribuente costituisce un falso domicilio all’estero, per scopi esclusivamente di elusione fiscale, ed anche  dopo l’adesione al condono tombale.

Queste è quanto ha stabilito in sintesi la Corte di Cassazione in un contenzioso tributario tra Fisco italiano e contribuente con falso domicilio all’estero:

E’ il caso di un contribuente con falsa domiciliazione a Monaco, che sottoscriveva atti e rogiti in Italia. Per il Fisco italiano ed anche adesso per la Cassazione, “le imposte devono essere pagate in Italia”. Neanche il condono tombale, art. 9 della Legge 289/2002,  “è efficace per i redditi prodotti all’ estero”. Secondo la Cassazione, per i domiciliati all’estero, l’ufficio potrà utilizzare come elemento di prova  (per la dimostrazione che la sede principale degli affari e degli  interessi è in Italia) anche il fatto di stipulare “diversi atti e rogiti notarili nel nostro Paese”, senza la necessità di provare la permanenza fisica in Italia  per la maggior parte dell’anno.

Ma andiamo alla causa tributaria.

Con l’ordinanza n. 12861 del 24 05 2013, la Corte di Cassazione, si è pronunciata su di un contenzioso tra fisco e contribuente italiano con falso  domicilio all’estero, precisamente nel Principato di Monaco.

L’accertamento del Fisco, riguardava il recupero di  imposte relative a compensi professionali ricevuti all’estero da contribuente con domicilio fiscale e residenza a Monaco.

Il contribuente domiciliato all’estero si opponeva alle pretese dell’Agenzia principalmente per due motivi:

1) Riteneva di non essere tenuto a dichiarare al Fisco italiano i redditi percepiti all’estero in quanto cittadino straniero,  in conseguenza del trasferimento della propria residenza anagrafica in territorio monegasco.

2) In secondo battuta, si opponeva all’accertamento ricevuto dall’Agenzia delle Entrate, in quanto riteneva che l’amministrazione finanziaria non poteva procedere all’accertamento fiscale,  avendo lo stesso aderito – per l’anno incriminato – al condono tombale ai sensi dell’art.  9 della legge 289/2002, nell’anno 2013 per i redditi condonati dal 1997 al 2011.

In prime istanze contenziose la C.T.P. dichiarava legittimo l’accertamento emesso dall’Ufficio, mentre la Commissione tributaria regionale, accoglieva il ricorso del contribuente con domicilio all’estero, in quanto riteneva che l’amministrazione finanziaria non aveva adeguatamente dimostrato che il contribuente di fatto era domiciliato in Italia, avendo prontamente prodotto il certificato di residenza nel “Principato di Monaco” ed anche  alcune ricevute di UTENZE relative all’abitazione utilizzate nella casa oltre frontiera, “prove” che potevano risultare idonee a confermare l’effettivo domicilio all’estero.

Inoltre in riferimento al condono, la CTR dichiarava che i redditi professionali prodotti all’estero e quelli prodotti in Italia “risultano tassati in Italia con la dichiarazione dei redditi alla medesima stregua e cumulativamente”, sicché la definizione effettuata ai sensi dell’art. 9 della Legge 289/2002 ( condono tombale) non poteva “non comprendere” anche i “proventi professionali prodotti all’ estero”  errore grave ndr)

La Corte di cassazione con l’ordinanza n. 12861 del 24.05,2013  ha cancellato con rinvio la pronuncia di II grado emanata dalla Commissione tributaria regionale, in quanto:

  • ha ritenuto erronea l’applicazione della norma che disciplina il condono “tombale”, per non avere tenuto in debita considerazione, al fine di stabilire il domicilio fiscale del contribuente, alcuni elementi di prova prodotti dal Fisco Italiano “idonei indici sintomatici di una possibile decisione ingiusta”. Secondo i giudici della Cassazione (ed anche secondo noi)  i redditi conseguiti all’estero sono esclusi dalla possibilità di adesione al condono tombale, in quanto l’art. 9 comma 1, della legge 289/2002 sul condono,  esplicitamente afferma che “non possono essere oggetto di definizione automatica i redditi soggetti a tassazione separata, nonché i redditi di cui all’art. 8 co. 5,  ferma restando, per i predetti redditi, la possibilità di avvalersi della dichiarazione integrativa di cui al medesimo art. 8 secondo le modalità ivi indicate”.  Ed i redditi contestati dal Fisco non erano condonabili ai sensi dell’art. 9, proprio perché riferibili a redditi di cui all’articolo 8, comma 5, secondo cui “Per i redditi e gli imponibili conseguiti all’estero con qualunque modalità, anche tramite soggetti non residenti o loro strutture interposte, è dovuta un’imposta sostitutiva di quelle indicate al comma  1 pari al 6 per cento”.
  • La Cassazione, inoltre, non è stata d’accordo con la C.T.R., quando ai fini della reale individuazione del  domicilio fiscale del ricorrente, “non ha considerato” le risultanze di prova offerte dal Fisco italiano:
  1. Sia perché l’avviso di accertamento era stato notificato “pro manibus” al ricorrente presso la sua dimora italiana;
  2. E sia perché era stata provata l’esistenza di numerosi rogiti notarili stipulati dal ricorrente in Italia ed idonei a dimostrare la permanenza sul territorio nazionale della “sede principale dei suoi affari ed interessi”.

Sembra, con tali argomentazioni,  “non avere ombre” la decisione della Suprema Corte di Cassazione, anche in ordine al condono tombale, per il quale esiste una norma di legge, oltre alle successive circolari n. 12/e/2003 e n. 25/e/2003, dove la definizione agevolata con il Fisco (per i redditi dal 1997 al 2001) “NON” poteva essere fruita  in relazione ai «redditi conseguiti all’estero».

Per il domicilio fiscale la residenza reale è quella in cui “si ha la sede principale di affari ed interessi”. In questo senso sia la sentenza della Cassazione 2963/80 sia la circ. 304/97 vi ricomprendono anche “gli interessi propriamente personali e familiari”, senza tener conto del requisito temporale secondo cui, si ricorda, il domicilio deve essere individuato in Italia “quando si ha la permanenza nel territorio per la maggior parte del periodo di imposta”.

Fonte: Fisco Oggi.

Ringraziamo Mauro Faggion, per la importante esplicazione della sentenza.

La crisi: 55mila imprese in meno dice Confindustria.

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Un quadro agghiacciante dal Centro Studi di Confindustria. “Durante il periodo della crisi abbiamo perso 55mila aziende”.

La crisi ha causato la distruzione del “15.3 per cento” del settore “manifatturiero italiano” (dal 2009 al 2012).

Rispetto alle industrie francesi e spagnole il nostro endurage manifatturiero, durante la crisi finanziaria, è ritornato ai livelli del 1990. La Germania invece ha registrato un incremento del 2,2 % nello stesso periodo.

È l’analisi disarmante del Centro Studi di Confindustria, che ha elaborato gli scenari industriali futuri che evidenziano come durante la crisi finanziaria ed economica, in Italia, dal 2009 al 2012, si  sono perse «55.000 aziende».

Come era logico attendersi le PMI sono state le aziende più colpite, soprattutto per colpa dei nostri governi (quale quello di Monti), che non sono intervenuti e non intervengono per cercare una soluzione al problema “dei rapporti banche-imprese”, ai fini della concessione di prestiti e finanziamenti, soprattutto alle microimprese, necessari per evitarne la chiusura.

I volumi di credito si sono assottigliati nel 2012- e in un solo anno – di 40 miliardi di euro (fonte Bankitalia).

La soluzione alla crisi di liquidità delle aziende sta nel rifinanziare il “Fondo Centrale di Garanzia” per coprire il rischio di eventuali insolvenze. Ma sia il governo Letta che quello di Monti, sembrano sorvolare su una questione vitale per la nostra economia e la ripresa economica.

Tutto ciò nel vivo ancora della lunghissima crisiche ormai stiamo ripetendo pleonasticamente da vari mesi”.

Hanno lasciato morire le micro-aziende, e salvaguardare il settore bancario.

Come ha comunicato Bankitalia i volumi di credito bancario in solo anno (2012-2011) si è ridotto di 40 miliardi di euro.

L’analisi del Centro Studi di Confindustria, evidenzia infatti come durante la crisi,

«i principali problemi sono venuti dalla carenza di liquidità e di finanziamenti che mette a rischio fallimento anche le imprese sane».

Il comunitato del CSC Confindustria sentenzia:

“Durante la crisi il volume dei  prestiti bancari si é ridotto soprattutto nell’industria, sceso da 26miliardi di euro tra il 2011 e il 2013 (-10,1%), nelle costruzioni (-9 miliardi) e nelle attività immobiliari e professionali (-14 miliardi), più contenuto il calo nel commercio, trasporto e comunicazioni (-2 miliardi). «È essenziale rompere il circolo vizioso recessione-credit crunch e sviluppare canali alternativi di finanziamento»”.

Mentre il Governo Letta pensa a come ridurre “le tasse sul lavoro” – per far fronte alla crisi occupazionale – ci dovrà spiegare chi assumerà i nuovi disoccupati, rimasti senza lavoro in 5 anni, quando abbiamo perso 55.000 imprese medio piccole ?