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Enti bilaterali: Circolare del Ministero del Lavoro a garanzia dei lavoratori.

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La tutela della bilateralità va ricondotta alla parte economica e normativa del contratto collettivo di lavoro. Esso produce efficacia diretta sul contenuto di diritto del rapporto lavorativo.
Con la circolare firmata ieri dal Ministro del Lavoro si risolve la questione controversa sull’obbligo inderogabile dei datori di lavoro alla contribuzione agli Enti Bilaterali.
Nella sostanza, i datori di lavoro che non aderiranno agli enti bilaterali saranno obbligati comunque a riconoscere ai propri subordinati le prestazione garantite dagli enti bilaterali stessi.
Fonte: Italia Oggi.

Insolvenza civile e fallimento: Dall’O.D.C.E.C. arriva la proposta di esdebitazione per i non fallibili.

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Commentiamo l’articolo apparso su Press riguardante i cosidetti “insolventi civili”.
Dal congresso nazionale di Napoli del nostro Ordine Professionale é partita la proposta di legge per l’esdebitazione dei soggetti non fallibili, curata da Giulia Pusterla, consigliere nazionale con delega alle procedure concorsuali.L’imprenditore soggetto a fallimento, esercita un’attività, che gli permette di guadagnare ed accrescere le proprie sostanze patrimoniali e quando la sua impresa va male fallisce.
(Si ricorda che l’imprenditore per essere assogettato alla procedura fallimentare deve aver superato almeno una delle tre soglie nei tre esercizi precedenti, cosidette di fallibilità: 1) Attivo patrimoniale superiore a 300.000 euro; 2) Ricavi lordi superiori a 200.000,00 euro; 3) Debiti superiori a 500.000,00 euro.)

La legge fallimentare contempla tutte le fasi della procedura concorsuale:

  • Recupero di tutte le sostanze patrimoniali possibili del fallito;
  • Concordato percentuale con i creditori rispetto al recuperato;
  • Pagamento dei debiti;
  • procedimento di esdebitazione ai sensi dell’art. 142 e successivi della legge fallimentare.
Dopo tali passaggi il fallito avrà sanato la sua posizione debitoria e sarà reintegrabile nel mondo dell’impresa e del lavoro.
Bisogna aggiungere che in alcuni casi la procedura fallimentare è pilotata ed organizzata  dallo stesso imprenditore al fine di perpretare un indebito arricchimento: si leggono tutti i giorni notizie di “bancarotte fraudolente” quando queste siano dimostrabili o comprovate!!!
Il problema è di coloro che non sono soggetti a fallimento (sembrerebbe un beneficio?) come citato nell’articolo fonte e cioé:
  • I piccoli imprenditori;
  • Gli imprenditori agricoli;
  • I professionisti;
  • I privati con le loro famiglie.
 Non esiste per loro la possibilità di sanare in qualche modo il loro debito e neanche la successiva possibilità della procedura di “esdebitazione”. Sono i cosidetti “insolventi civili”.
Assistiamo quindi ad una ingiustizia sociale, economica e finanziaria tra i soggetti che secondo la legge, in caso di insolvenza, possono essere sottoposti a procedura fallimentare e i soggetti di cui sopra che non sono fallibili ai sensi dell’art. 1 della legge Fallimentare.
La recente crisi economica ha lasciato molte famiglie nell’impossibilità di onorare i propri impegni finanziari: perdita di posti di lavoro; diminuzione degli stipendi hanno deluso il sogno di poter acquistare tutto a rate.
Dal dopo guerra in poi, il risparmio familiare finalizzato all’acquisto di beni ha dovuto lasciare il posto ai prestiti e finanziamenti complici anche le banche:
mutui per la casa, prestiti al consumo (per acquisti di ogni genere) e carte di credito  sono entrati negli usi di ognuno; per acquistare prima e pagare dopo.

Le banche, come detto prima, nei periodi ante-crisi sono state complici di tutto ciò offrendo con grande facilità tali prodotti.

 Ci preme dire che il privato normalmente non si indebita per non pagare, mentre nel caso del soggetto fallibile non é proprio sempre così.
 Da qui la giustezza della proposta inoltrata dal nostro ordine che in dieci articoli ha predisposto  il disegno di legge che consentirebbe agli “insolventi civili”:
  •  un accordo con i creditori che rappresentino il 60-75% della propria esposizione debitoria;
  • la predisposizione di un  piano di rientro tramite uno pseudo concordato;
  • l’esdebitazione civile di tali soggetti, siano essi piccoli imprenditori, imprenditori agricoli, professionisti o famiglie, una volta estinti i pagamenti previsti nel piano.roduttive, con evidente  convenienza anche per lo Stato che in tal modo avrebbe la possibilità di recuperare un contribuente che paga le tasse e non un cittadino a cui erogare sussidi e pensioni sociali.
La domanda dovrá essere presentata al Tribunale di competenza e l’insolvente civile dovrà essere assistito da un professionista.
A questa procedura accederebbero tutti i soggetti non fallibili previsti nell’art.1 della legge fallimentare.

La possibilitá di esdebitazione degli insolventi civili sarebbe più giusta dell’esdebitazione dei soggetti falliti in quanto i primi non avrebbero nessuna ragione speculare all’insolvenza. Siamo concordi sulla necessitá di portare avanti tale disegno di legge per due motivi principali:

  •  ristabilire una giustizia sociale tra i soggetti fallibili recuperabili come persone e come produttivi di reddito e gli insolventi civili che in caso contrario non avrebbero la possibilitá di accedere all’esdebitazione e sarebbero condannati all’emarginazione sociale e produttiva senza aver potuto estinguere le proprie obbligazioni.

 Con tale procedura e con i dovuti controlli non ci sarebbe alcuna azione speculare dei soggetti non fallibili con la importante possibilità di recuperarli socialmente ed economicamente attraverso il reintegro nelle organizzazioni p

Ci auguriamo quindi che la proposta di legge inoltrata dalla collega abbia ascolto nelle sedi opportune ai fini della promulgazione.

Guida all’acconto IVA da versare entro il 27 dicembre.

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In periodi come questi in cui si soffre di grande crisi di liquidità è quanto mai necessario centellinare i pagamenti da effettuare senza disperdere inutilmente risorse finanziarie e senza anticipare somme allo Stato che non siano effettivamente dovute.
In altri anni molte aziende in occasione del versamento dell’acconto IVA, previsto per il 27 dicembre, per evitare problemi e perdite di tempo, eseguivano il pagamento tramite l’applicazione del metodo storico senza preoccuparsi di risultare poi successivamente a credito in quanto l’ eccedenza era totalmente utilizzabile mediante compensazione in F24 anche in forma orizzontale.
Adesso anche per le limitazioni introdotte dal D.L. 78/2009, sulle possibilità di compensazioni orizzontali è bene pagare quanto dovuto e non andare in eccedenza per diversi motivi di cui alcuni esposti sopra.
L’obbligo di versamento dell’acconto IVA è stato introdotto dall’art. 6 della Legge 405/90 e successive integrazioni.
Sono tenuti al versamento dell’acconto:
  • I contribuenti che liquidano e versano l’Iva mensilmente (art. 1, DPR 100/98);
  • I contribuenti che liquidano e versano l’Iva trimestralmente (art. 7, DPR 542/99 e articolo 74, comma 4 del DPR 633/72);
La determinazione dell’acconto in base alla succitata legge può avvenire attraverso 3 diversi metodi ed il contribuente è libero di scegliere quale utilizzare:
1) Metodo storico. La norma prevede il pagamento dell’acconto nella misura dell’88 %:
  • dell’iva a debito da liquidazione del mese di dicembre 2009 (per i contribuenti mensili);
  • dell’iva a debito da liquidazione del quarto trimestre 2009 (per i contribuenti trimestrali);
L’applicazione di tale metodo potrebbe far scaturire a conguaglio una eccedenza di imposta, quindi a credito, in quanto lo stesso acconto andrà detratto dalla liquidazione annuale dell’Iva 2010, sia pur vero che preserva e tutela maggiormente il contribuente dal rischio di eventuali sanzioni nei casi in cui lo stesso acconto sia versato per un importo inferiore di quello risultante dal calcolo effettuato con il metodo storico e dalla liquidazione annuale risulti un debito.
Occorre puntualizzare che la disposizione principale richiede il versamento mediante l’applicazione del metodo storico ed è a questo a cui bisogna far riferimento.
Facciamo un esempio:
 

IVA DEBITO DICEMBRE 2009 € 1000,00
IVA DOVUTA PER DICEMBRE 2010 € 880,00 (in base al metodo storico 88% di € 1000,00)
IVA VERSATA EFFETTIVAMENTE AL 27-12-2010 € 500,00
LIQUIDAZIONE IVA ANNUALE AL 16-03-2011 € 200,00 A DEBITO


IL CONTRIBUENTE IL TAL CASO INCORRE NELLA SANZIONE PER IL RITARDO NEL PAGAMENTO DELLA SOMMA DI € 200,00 IN QUANTO AVREBBE DOVUTO VERSARE € 700,00 IN ACCONTO PER RISPETTARE LA POSSIBILITA’ DI ESIMERSI DAL PAGAMENTO TRAMITE IL METODO STORICO.

2) Metodo analitico.

Il calcolo in questo caso si basa sulle operazioni realmente effettuate alla data del 20 Dicembre 2010.
L’art. 6 al comma 3/bis della L. 405/90 prevede il versamento del 100 per cento della somma determinata con tale liquidazione periodica parziale.

L’IVA da pagare in acconto in questo caso si calcola sulle operazioni attive effettuate dal 1° al 20 Dicembre 2010 per coloro che si trovano in regime di liquidazione mensile e dal 1° Ottobre al 20 Dicembre per coloro che liquidano l’IVA con cadenza trimestrale da cui occorre detrarre l’IVA sulle operazioni passive (dal 1° al 20 dicembre per i mensili e dal 1° Ottobre al 20 Dicembre per i trimestrali).
3) Metodo previsionale.
 

E’ un calcolo che si basa su una stima che il contribuente effettua sui volumi totali prodotti per l’intero anno 2010 rispetto all’anno precedente.
Con il metodo previsionale non si effettua un vero calcolo preciso di quanto dovuto o eventualmente non dovuto a titolo di acconto IVA, ma lo stesso si basa su una stima del contribuente che ritiene con una certa ragionevolezza che l’IVA a debito di dicembre o del 4° trimestre 2010 sia inferiore all’iva a debito per gli stessi periodi del 2009. E’ da ricordare che qualora l’importo IVA a debito scaturente dalla liquidazione annuale risultasse superiore a quanto versato con l’applicazione di tale metodo si incorrerebbe nella sanzione amministrativa prevista.

Nel caso in cui il contribuente si renda conto successivamente di aver pagato un acconto minore di quanto risulta dalle predette liquidazioni a conguaglio potrà in ogni caso avvalersi del ravvedimento operoso.

Nel caso l’azienda nel corso dell’anno sia passata da un regime IVA all’altro occorre operare nel seguente modo:
  •  Variazione da mensile a trimestrale: la base di calcolo dell’ 88% sono le liquidazioni degli ultimi 3 mesi del 2009. 
  • Variazione da trimestrale a mensile: la base di calcolo dell’88% si calcola sull’iva dell’ultimo trimestre 2009 divis per tre.
 Il contribuente sarà obbligato al versamento dell’acconto solo se l’importo sia uguale o superiore ad € 103,29 tramite i seguenti codici: 

  • 6013 per i contribuenti con liquidazione dell’IVA mensile;  
  • 6035 per i contribuenti con liquidazione dell’IVA trimestrale. 
    E’ il caso ancora di ricordare quali sono i soggetti non tenuti al versamento dell’acconto IVA 2010:
    • Coloro che cessano l’attività nel corso del 2010 e non hanno effettuato operazioni nei periodi suddetti;
    • I contribuenti che nel periodo di dicembre 2009 (per i mensili) e del quarto trimestre 2009 (per i trimestrali) risultavano a credito IVA.
    • I contribuenti soggetti al regime speciale agricolo (articolo 34 del DPR 633/72);
    • Coloro che esercitano attività di intrattenimento (articolo 74, comma 6, del DPR 633/72);
    • Coloro che hanno aderito al regime dei minimi;
    • Soggetti che hanno effettuato solo operazioni esenti o non imponibili ai fini Iva.
    • Importo dell’acconto inferiore a ad € 103,29.

    I compensi dei soci di Srl assogettati a doppia iscrizione previdenziale.

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         I compensi erogati ai soci di società commerciali a responsabilità limitata che contestualmente ricoprano anche la carica di amministratori sono stati oggetto di varie interpretazioni e contrasti ai fini delle iscrizioni previdenziali.
    Tali interpretazioni non univoche tra loro solo recentemente sono state risolte.
    L’Inps ha ritenuto che tali soci erano obbligati sia alla iscrizione alla Gestione Inps commercianti e sia alla Gestione Separata Inps per le indennità di amministratore. Tale posizione dell’Inps è stata lungamente osteggiata dalla Corte di Cassazione che mediante diverse sentenze ha escluso l’obbligo della doppia iscrizione e contribuzione, affermando che il socio-amministratore avrebbe avuto il solo obbligo di una  iscrizione in riferimento all’attività prevalente svolta all’interno della società medesima.
    Per dirimere tutto ciò è intervenuto il legislatore che con il decreto legge 78 del 2010 – art. 12 comma 11, ha escluso il criterio della prevalenza nell’esercizio dell’attività del socio ed ha disposto che un soggetto che percecisce un determinato tipo di reddito è tenuto alla iscrizione alla Gestione Separata Inps e ciò indipendentemente che sia iscritto ad altra forma di previdenza.
    Tale disposizione, secondo il Legislatore, non è da intendere come una doppia iscrizione ma esclusivamente come il cumulo di due forme di contribuzione scaturenti dalla diversa natura delle prestazioni erogate e dall’essere contestualmente all’interno della società nella posizione di socio lavoratore e amministratore della medesima.
    Fonte: Il Sole 24 ore.
    Commento Rivista Fiscale Web.
    Sebbene siamo d’accordo con tale impostazione che giuridicamente riteniamo corretta, anche in riferimento alla diversa natura delle prestazioni, ci preme commentare tale nuovo norma muovendo una critica di sostanza.
    Molto spesso, e ci riferiamo alla maggioranza dei casi, il socio è anche amministratore
    Questi si trova nella posizione di essere contestualmente parte integrante delle risorse lavorative societarie ed amministratore della stessa società. Molto probabilmente percepisce un unico e reale compenso assoggettato alla Gestione Separata per la sua attività nella sua interezza. 
    Quindi si assiste ad uno sfasamento tra natura della prestazione e contribuzione.
    Il medesimo pagando anche i contributi alla Gestione commercianti o artigiani ha di fatto una doppia imposizione.
    Al tempo dovrebbe percepire due indennità pensionistiche con previsioni che lasciano il tempo che trovano soprattutto in riferimento alla Gestione Separata Inps nata da poco.
    In realtà sarebbe più conveniente e giusto versare la maggior parte dei contributi alla gestione diretta Inps in quanto al momento non si conosce la reale validità a fini pensionistici della Gestione Separata.

    La soluzione ideale è quella di assumere il socio-amministratore quale quadro-dipendente che svolge sia mansioni di direzione commerciale o produttiva e sia di direzione aziendale quale amministratore. Ci sarebbe l’obbligo da parte della società del versamento dei contributi Inps diretti e si eviterebbe una doppia contribuzione che non rispecchia la realtà lavorativa e quindi contributiva.

    Bonus sui contributi in edilizia: Confermato l’11,50 per cento.

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        La speciale riduzione contributiva dell’11,50% a favore delle aziende edili è confermata anche per l’anno in corso. Il Decreto Interministeriale (Economia e Lavoro) è stato pubblicato in G.U. in data 13 dicembre 2010. 
    La misura della riduzione è stata resa stabile dalla legge attuativa del protocollo Welfare che ha disposto che se entro il 31 luglio di ciascun anno il D.M. non venga emanato, decorsi 30 giorni le imprese edile possono applicare la riduzione prevista per l’anno precedente. 
    Fonte: Il sole 24 ore.

    ICI: il 16 dicembre si paga a saldo 2010.

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    Il 16 dicembre si versa il saldo ICI 2010.

    L’ICI è l’imposta comunale che grava sugli immobili siano essi fabbricati, aree edificabili e terreni agricoli (salvo alcune eccezioni  per i Comuni montani) e deve essere corrisposta da tutti coloro che godono di diritti reali su tali immobili e cioè:   
     

    1) I proprietari;
    2) I titolari di diritti reali sugli immobili come ad esempio gli usufruttuari (si ricorda che in tal caso gli obbligati sono questi ultimi e non i nudi proprietari);
    3) I locatari nel caso di leasing immobiliario;
    4) I concessionari di aree demaniali.
    Il presupposto oggettivo per l’applicazione dell’ICI è che l’immobile sia iscritto in catasto ad esclusione degli immobili di categoria A1/A8/A9 rispettivamente “abitazioni di tipo signorile/ville/castelli”.

    L’esenzione è sta disposta dal DL n. 93 del 2008, con decorrenza 01-01-2008 sulla casa di abitazione principale.
    L’esclusione opera quindi, in tal caso, a favore del soggetto passivo titolare di diritto reale sull’immobile quando questi avrà adibito lo stesso a propria abitazione principale nonchè le assimiliazioni a tali fattispecie applicate da alcuni Comuni.

    L’esclusione opera più precisamente nei casi in cui l’unità immobiliare sia:

    • l’abitazione principale del soggetto passivo ICI; 
    • l’abitazione principale di soci assegnatari di unità immobiliari di proprietà  di cooperative edilizie (a beni indivisi) o l’abitazione principale di soggetti che abbiano avuto assegnazione di case popolari, da parte di Istituti autonomi per le case popolari o da parte di enti per la pubblica edilizia residenziale;
    •  la casa coniugale del soggetto passivo ICI anche con separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione del matrimonio anche se  non ne sia l’assegnatario semprechè non abiti in altro immobile di sua proprietà.

    Calcoli
    La base imponibile su cui applicare l’aliquota comunale è data dalla rendita catastale dell’immobile rivalutata del 5% e  moltiplicata:  

    • per il 100% quando si tratta di immobili accatastati nelle categorie A e C (con esclusione di immobili A10 e C1); 
    • per il 34% per i fabbricati della categoria C/1;
    • per il 50% quando si tratta di immobili accatastati nel gruppo D e nella categoria A/10;
    • per il 140% quando si tratta di immobili accatastati nel  gruppo B; 

      La base imponibile per le aree fabbricabili è determinata in base al valore venale  (cioè in base al prezzo di mercato in base alla ubicazione dell’area);
      Per i terreni agricoli la base imponibile è determinata dal reddito dominicale rivalutato del 25% e moltiplicato per 75 (coefficiente).

     Determinazione base imponibile. 

    L’imposta si calcola applicando alla predetta base imponibile l’aliquota fissata dal Comune e deve essere corrisposta proporzionalmente ai mesi dell’anno solare per i quali si è posseduto l’immobile (fino al 15 del mese non è dovuta per l’intero mese oltre il 15 è dovuta per l’intero mese).

    Pagamento.

    La determinazione dell’acconto è basato sullo storico dell’imposta pagata nell’anno precedente:

    • l’importo della prima rata deve essere determinato in misura pari al 50% dell’imposta dovuta, calcolata sulla base dell’aliquota fissata dal Comune per l’anno precedente; deve essere pagato entro il 16 giugno;
    • l’importo della seconda rata a saldo anno in corso deve essere pari al saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno detraendo l’importo della prima rata a conguaglio. Il versamento del saldo dovrà essere corrisposto entro il prossimo 16 dicembre 2010.

    Formula di calcolo:

    Base Imponibile = Rendita catastale x 5% x percentuale (140%, 100%, 50%, 34%)


    Imposta: Base Imponibile per Aliquota comunale / 1000 (calcolo per intero anno e per un solo obbligato).


    Chiaramente per la prossima scadenza dal calcolo qui esposto va tolto l’importo pagato al 16 giugno 2010 e diviso per i titolari in caso di più cointestatari.
      
    Modalità di versamento:

    – tramite l’agente della riscossione;
    – tramite il conto corrente comunale nel caso lo stesso Comune abbia deliberato con regolamento interno il pagamento diretto su proprio conto corrente;– presso gli sportelli della Tesoreria comunale;tramite il sistema bancario (mediante carta di credito o bancomat);
    – traminte il servizio telematico gestito da Poste italiane S.p.a.

    Il legislatore, ai fini della semplificazione degli adempimenti ICI, ha previsto  il pagamento anche tramite F24.

    Infine In caso di omesso versamento valgono le stesse regole previste per il ravvedimento operoso.

    E’ opportuno fare uno screening dei propri clienti e chiedere se nell’anno 2010 hanno compravenduto immobili, acquisito o ceduto diritti reali su immobili e così via.

    Fonte: Ipsoa.

    Sistri: le imprese richiedono a gran voce la proroga di un anno.

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    Sistri: Gestione telematica dei rifiuti.
    Le imprese tenute al nuovo obbligo di gestione telematica dei rifiuti insorgono: Occorre più tempo per adeguare i sistemi informatici all’applicazione della nuova procedura Sistri e per  l’introduzione delle nuove norme nel sistema di gestionale aziendale rispetto al termine del 1° gennaio 2011.
    Intanto il decreto legislativo che recepisce la direttiva CEE 2008/98, dopo l’approvazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministri (firmato anche dal Capo dello Stato), è in arrivo in G.U. e quindi in vigore dal giorno dopo la pubblicazione stessa.

    Il problema è che la nuova disposizione,  oltre al recepimento della direttiva CEE in materia di rifiuti, ha previsto sanzioni a carico delle imprese che non avranno adottato il Sistri appunto entro il 1° gennaio 2011.
    Il presidente di Confindustria ha affermato che Il rischio è quello di multare le imprese per comportamenti ritenuti illeciti secondo il SISTRI ma di fatto non imputabili alle stesse. 
    Questo risponde a realtà: i problemi sul malfunzionamento del SISTRI  non sono stati ancora risolti, ed anche le strutture tecnico operative a supporto si troverebbero in una situazione di grave disagio per quanto riguarda la formazione in materia di funzionamento del sistema:
    La lettera dei vertici di Confindustria inviata al Ministro dell’Ambiente che contiene appunto le rivendicazioni di tale mancato adeguamento per cause non imputabili agli obbligati e la richiesta di sospensione delle sanzioni  per dodici mesi, previste dal d.lgs. in corso di pubblicazione, è stata accolta favorevolmente dalle imprese. 
    Ancora una volta, ci sono aziende che vorrebbero operare nel rispetto della nuova normativa, ma non hanno la possibilità di farlo per ragioni esterne: come i ritardi nella distribuzione dei dispositivi “Usb” e l’installazione delle black box occorrenti per i malfunzionamenti dovuti a difetti strutturali nell’hardware e nel software fino ai continui correttivi legislativi e procedurali. 
    La sospensione delle sanzioni per un anno, ossia per l’intero 2011, per le imprese che non riusciranno ad applicare il nuovo sistema non a causa di loro negligenza ma per ragioni esterne, sembra un atto dovuto anche in presenza di una legge già in vigore.
    (Fonte AGI)


    Tassazione dei rimborsi per trasferte ai dipendenti.

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    La tassazione dei rimborsi per trasferte erogati a dipendenti e collaboratori.

    A) Rimborsi tramite metodo forfettario.
       (Spese non documentate dal dipendente/collaboratore)

    Le indennità erogate a dipendenti e collaboratori per spese di trasferta  al di fuori del territorio comunale ai sensi del disposto dell’articolo 51 del T.U.I.R. sono escluse dall’imponibile fiscale da tassare in busta paga:
    •   quando inferiori ad euro 46,50 giornaliere elevate ad euro 77,50 per le trasferte estere.
    •   se invece superiori sono tassate per l’eccedenza al pari del salario.
    B) Rimborso analitico.
       (Spese documentate:  a piè di lista per viaggi/trasporti/vitto e alloggio)

    In questo caso il rimborso erogato al dipendente/collaboratore non sarà tassato in busta paga, qualunque ne sia l’importo, purché tale spesa abbia idonea documentazione.
    I rimborsi di altre spese non documentabili quali ad esempio i costi sostenuti dai dipendenti per l’utilizzo di apparecchi telefonici e simili, sono esclusi da imposizione per un importo giornaliero di euro 15,49 elevato a 25,82 euro in caso di trasferte all’estero.

    C) Rimborso misto.
    Tale fattispecie si configura quando il datore di lavoro corrisponde l’indennità forfetaria di cui alla lettera A) unitamente al rimborso analitico o a piè di lista di cui alla lettera B):
    •  In tal caso i limiti di esenzione giornaliera di cui alla lettera A) vanno ridotti di 1/3 quando sono compresi nei rimborsi per spese di vitto e/o alloggio a piè di lista.
    • Gli stessi limiti sono ridotti invece di 2/3 nel caso in cui il vitto e alloggio sia pagato direttamente dall’azienda.
    L’impresa è tenuta a stabilire la scelta del metodo di rimborso da applicare per l’intera trasferta (come chiarito dall’Agenzia delle Entrate) e  non potrà utilizzare sistemi diversi per la  stessa trasferta.

     Il dipendente per essere rimborsato dei costi sostenuti in occasione delle trasferte  effettuate per conto dell’azienda dovrà presentare:
    • apposita nota, solitamente su modulo ricevuto dall’azienda, a cui allegare la documentazione fiscale  che  dimostra le spese sostenute nei giorni in cui è stato in  missione quali ricevute fiscali, fatture, scontrini -con data visibile-,  ricevute servizio taxi, ed altre spese documentabili. (Questo indipendentemente se saranno tassate o meno in busta).

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    D) Deducibilità fiscale per l’azienda.
    D.1. Deducibilità ai fini IRPEF/IRES.
    Sul versante dell’Impresa, invece, ai fini della verifica della deducibilità fiscale di tali rimborsi erogati al dipendente/collaboratore ai fini IRPEF/IRES  occorre analizzare le modalità tecniche e pratiche  con cui tali rimborsi sono stati effettuati:
    • Le somme rimborsate ai dipendenti mediante metodo analitico (a piè di lista) sono deducibili (IRPEF/IRES) fino al limite giornaliero di euro 180,76 per le trasferte in Italia ed euro 258,23 per le trasferte all’estero.
    • Le somme rimborsate con metodo forfetario o misto, di contro, non hanno nessun limite di deduzione dal reddito imponibile dell’impresa.
    Il rimborso chilometrico per l’utilizzo della propria auto da parte del dipendente è deducibile nella quota non superiore al valore stabilito dalle tariffe dell’ACI relative ad autoveicoli con potenza non superiore a 17 cavalli fiscali per auto a benzina e a 20 cavalli per le auto con alimentazione diesel.

    D.2. IRAP deducibilità. 

    Ai fini della TASSAZIONE dei rimborsi per trasferta ai IRAP si precisa che sono valide le stesse regole del Tuir precedentemente indicate con la puntualizzazione che:
    • non è deducibile l’indennità forfetaria di trasferta;
    • non è deducibile l’indennità chilometrica (tariffa ACI).
    In conclusione, visto che la normativa oggetto della presente guida causa non facili problemi di applicazione pratica, è consigliabile predisporre un quadro sinottico delle varie casistiche di imponibilità per il dipendente e deducibilità per l’impresa e  prevedere nella contabilità aziendale <> dove far confluire tali spese in riferimento alla loro deducibilità o indeducibilità sia ai fini IRPEF/IRES che ai fini IRAP. Ciò permetterà in maniera abbastanza agevole per le eccedenze indeducibili di effettuare le riprese in aumento in occasione della dichiarazione dei redditi.

    Inoltre ai fini della compilazione mensile delle buste paga consentirà di comunicare al consulente del lavoro per ogni dipendente l’importo dei rimborsi erogati  non  soggetti a tassazione e le eccedenze di importo (rispetto ai limiti di esenzione) da sottoporre a tassazione ordinaria al pari del salario.

    Variazione dati delle Associazioni non lucrative: Non è necessario un nuovo modello EAS se si è già trasmessa la comunicazione tramite i modelli AA5 e AA7.

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    Modelli degli enti associativi – Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate.
    In caso di variazione dei dati identificativi dell’ente associativo o del rappresentante legale non è obbligatorio inviare un nuovo modello Eas, in quanto tali informazioni sono già state  aggiornate presso l’Amministrazione finanziaria. Gli enti associativi, infatti,  devono trasmettere tali modifiche e variazioni all’Agenzia attraverso i modelli AA5/6 e AA7/10 a secondo se sono o non sono titolari partita iva.
    Con la risoluzione in commento n. 125/E l’Agenzia delle Entrate ha infatti chiarito le previsioni previste dall’articolo 30 Dl 185 del 2008.
    Fonte: Italia Oggi.

    Approvazione definitiva legge finanziaria. Sintesi dei provvedimenti.

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    A cura di Giuseppe Merola (Rivista Fiscale Web)
         E’ stata approvata ieri dal Senato in via definitiva la legge finanziaria (l. di stabilità e bilancio dello Stato).
    La manovra prevede stanziamenti pari a 5,7 miliardi.
    I provvedimenti di rilievo sono:
    • La proroga della detrazione Irpef-Ires del 55% sugli interventi  per il risparmio energetico che non potrà più essere però utilizzata in 5 anni bensì ripartita in 10 anni;
    • La disposizione che riguarda i leasing immobiliari: le imposte di registro, ipotecarie e catastali dovranno essere corrisposte integralmente al momento dell’acquisto da parte della società di leasing e solo al momento del riscatto saranno dovute in misura fissa. 
    • Il prolungamento di un anno del regime di esenzione IVA, che passa da 4 a 5  anni, per gli immobili ceduti da imprese costruttrici. L’applicazione avverrà quindi dopo 5 anni a decorrere dalla data di ultimazione e completamento dei lavori.
    • L’inasprimento della lotta all’evasione fiscale sul fronte degli accertamenti fiscali. Saranno abbassate tutte le riduzioni delle sanzioni in caso di applicazione degli istituti deflattivi del contenzioso, compreso il ravvedimento operoso. Le nuove norme si applicheranno a tutti gli atti di rettifica e avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate per i quali è ammessa la definizione agevolata, emessi a decorrere dal 1-02-2011.
    • L’ampliamento della possibilità di accertamento parziale, che sarà ammesso anche dopo le attività di controllo e accertamento previste dagli artt. 32 e 51 dpr 600/73. Ciò significa che il contribuente potrà essere accertato per lo stesso anno più volte, anche dopo appunto gli inviti a comparire, la richiesta di esibizione documenti o compilazione questionari. 
    • Lo stanziamento di 100 milioni sotto forma di credito d’imposta a favore di imprese che affidano attività di ricerca e sviluppo ad università o enti di ricerca.
    • Lo stanziamento di ulteriori 100 milioni che serviranno anche se non sufficienti per la proroga del 5 per mille.
    • La conferma dell’imposta sostitutiva per i premi di produttività erogati a lavoratori dipendenti privati. Su tali premi verrà applicata un’aliquota sostitutiva del 10% in luogo delle normali imposte irpef, ed addizionali varie.
    Queste le misure più importanti che a nostro avviso sono inadeguate sul fronte degli investimenti per la crescita ma che nostro malgrado dobbiamo accettare vista la situazione finanziaria in cui versa il Paese. Molti provvedimenti comunque potranno essere corretti mediante il decreto mille-proroghe, ma a detta degli analisti tra cui Vincenzo Visco, occorrerà una manovra aggiuntiva di 7 miliardi. Non ci resta che aspettare, in vista della visita in commissione Bilancio del commissario UE Rehn. Il rischio è che la Commissione Europea imponga ai Paesi con debiti sovrani molto alti piani progressivi di rientro ed in quel caso occorrerà operare altri tagli.
    Il tutto mentre Draghi predica nel deserto la necessità di incentivare la crescita economica.