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Il ricercatore universitario a tempo pieno non può svolgere la libera professione. Sentenza 389 2011.

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La sentenza n. 389/2011 emessa dalla Cassazione a Sezioni Unite Civili ha disposto che un ricercatore e docente universitario a tempo pieno non può svolgere l’attività libero professionale, nella fattispecie poter esercitare contestualmente la libera professione di avvocato.
La stessa sentenza ha respinto il ricorso di un legale romano che avendo optato per il tempo pieno quale ricercatore presso “l’Ateneo La Sapienza” era stato cancellato dall’Ordine degli avvocati ed iscritto nella sezione speciale dei docenti universitari.
I giudici della Cassazione hanno ratificato la decisione dell’Ordine degli Avvocati di Roma, affermando che la voluntas legis della normativa in vigore, di considerare compatibile l’esercizio della libera professione con la qualifica di ricercatore, opera solo nel caso in cui quest’ultimo abbia effettuato l’opzione per il tempo parziale.
Tale decisione potrebbe segnare un importante precedente anche per i professionisti di altri settori.

F24 on line obbligatorio senza sanzioni.

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Molti nostri clienti ci stanno chiedendo a più riprese come mai le banche accettano i loro versamenti F24 quando c’è l’obbligo dell’invio telematico ? Ovviamente si tratta di persone fisiche titolari di partita iva. E soprattutto ci chiedono quali sono le sanzioni per aver violato l’obbligo. Abbiamo fatto una serie di ricerche ed effettivamente per tale violazione non è prevista una sanzione, almeno sino ad oggi.

Ci siamo rivolti anche ad un funzionario dell’Agenzia Territoriale il quale ci ha confermato che al momento non sono previste sanzioni.
A nostro parere, la sanzione è indiretta, nel senso che coloro che non effettuano i versamenti on line, potrebbero essere segnalati ed avere una verifica fiscale, in quanto si ritiene non si spiega il motivo per il quale essi non vogliano avere un conto corrente bancario.
Vorremmo sapere cosa ne pensano i colleghi…

Fotovoltaico: Mercato in continua crescita.

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Il settore degli impianti fotovoltaici è un mercato in continua crescita, che bisogna considerare in prima battuta da chi vuole intraprendere una nuova attività imprenditoriale,  e in secondo luogo da sfruttare all’infinito per altri tre motivi:
  • Il nostro Paese non ha risorse energetiche tradizionali (gas e petrolio) che coprono il fabbisogno del Paese;
  • Gli utilizzatori di impianti fotovoltaici avranno un notevole risparmio economico rispetto al consumo di altre forme di energia, elettrica e del gas;
  • Notevole miglioramento sul fronte della Green Economy.
Complessivamente nel 2010 il mercato del fotovoltaico è raddoppiato rispetto all’anno precedente e le stime per il 2011 sono analoghe. Ad annunciarlo è stato l’osservatorio internazionale iSuppli, che analizzando il mercato italiano ha determinato in 3,9 GW il totale della potenza installata nell’anno 2010.
Certamente tali risultati sono stati conseguiti soprattutto per gli incentivi statali previsti per gli installatori, ma le stime di sviluppo per il 2011 sono molto incoraggianti sia pe le agevolazioni suddette sia per il potenziale che esprime geograficamente il nostro Paese.
Ci sono ovviamente alcune criticità quale l’esaurimento delle risorse del conto energia e la instabile situazione politica del nostro Paese. In ogni caso il comparto mostra notevoli segnali positivi e come detto l’impiego del fotovoltaico può innescare un ciclo virtuoso che  scambia sinergie e ritorno di vantaggi che si stimolano tra di loro, quali:

1) Lo sviluppo esponenziale delle aziende che operano nel settore;
2) Il risparmio dello Stato in termini di importazioni di gas e combustibili dall’estero;
3) Il risparmio economico delle famiglie e, non ultima, l’autonomia del proprio sistema energetico rispetto ad eventuali malfunzionamenti della rete elettrica o del gas.

Agevolazioni fiscali: Piano casa, spese per lavori di ampliamento.

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L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 4/E del 4/01/2011 ha stabilito che per i lavori di ampliamento degli immobili, eseguiti in attuazione del “Piano Casa” ed in deroga ai piani regolatori locali, è prevista ugualmente la detrazione del 36 o 55 per cento alle condizioni generalmente previste per le ristrutturazioni.
Le disposizioni che derogano agli strumenti urbanistici locali introdotte da leggi regionali non possono inibire l’applicazione di norme fiscali a carattere nazionale.

Rimborsi Iva soggetti passivi non residenti: prorogato il rimborso al 31/03/2011.

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La Direttiva U.E. n.66/2010, emanata il 14 ottobre 2010, ha prorogato al 31 marzo 2011 il termine per la presentazione delle istanze di rimborso dell’IVA pagata in altri Paesi comunitari diversi da quello in cui il richiedente detiene la stabile organizzazione.
Tale slittamento riguarda solo le richieste di rimborso relative all’anno 2009, in quanto molti operatori non hanno potuto rispettare il precedente  termine del 30/09/2010 poichè in alcuni Stati membri non è stato reso disponibile il portale telematico destinato allo scopo. 
La direttiva in commento rettifica la precedente n. 9 del  2008, da noi recepita normativamente con il Decreto Legislativo n. 18/2010 che ha introdotto nel DPR n. 633/72 gli articoli 38  bis1 e 38 bis2.
Fonte: Bdc news.

Unico 2011: Modulo RW – Dichiarazione per nuda proprietà ed usufrutto.

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Con risoluzione n. 142/E del 30/12/2010 l’Agenzia delle Entrate ha indicato le modalità di compilazione del modello Rw (detenzione di beni e redditi all’estero o trasferimenti da e per l’estero) incluso in Unico/2011. Ha precisato anche in che modo e con quali valori i titolari di diritti di nuda proprietà ed usufrutto debbano dichiarare tali detenzioni estere.

Detrazioni per figli a carico: Genitori divorziati.

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Con la risoluzione n. 142/E l’Agenzia delle Entrate ha previsto che la detrazione per figli a carico può essere fruita al 100% da un solo genitore, nel caso l’altro non ne abbia vantaggio fiscale.
Nella ipotesi di genitori separati o divorziati si aggiunge che essi devono raggiungere un accordo su chi deve utilizzare la detrazione al 100%, con relativo riversamento all’altro da parte del beneficiario (nel caso in cui  il primo sia unico affidatario), di un importo pari alla stessa detrazione. Nel caso di affidamento congiunto ed uno solo di essi usufruisce dell’intera detrazione, questi dovrà versare all’altro l’importo pari alla metà della detrazione goduta. 
Fonte: Agenzia delle Entrate.

Dipendenti Pubblici: i parametri di valutazione ancora occorrono di chiarezza e concretezza.

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Commento:

Si ritiene che i procedimenti da condurre per la valutazione delle performance degli impiegati pubblici, (di seguito esposte sotto) deliberate dal Civit, non indichino né al dipendente né al valutatore nessuna azione concreta ed operativa da espletare e valutare,  in quanto trattasi di linee guida solo teoriche difficilmente misurabili e per questo difficilmente valutabili e quantificabili al fine di redigere la valutazione della produttività del singolo dipendente in maniera obiettiva.
Per questo si ritiene che l’Organismo debba predisporre praticamente una piattaforma standard di inserimento dei dati, in modo tale, che le rilevazioni effettuate per il singolo dipendente e dal singolo Ente  diano in output o report le risultanze previste ed elaborate dal Ministero e dal CIVIT. Solo in tal modo, la valutazione potrà essere meritocratica e  tutelare i più meritevoli.
Sistema di misurazione e valutazione della performance-Deliberazioni CIVIT n. 88/2010 e n. 89/2010 del 24 giugno 2010.




La Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità della Pubblica Amministrazione CIVIT ha adottato il 24 giugno 2010 due deliberazioni che delineano i cardini per le Pubbliche Amministrazioni ai fini dell’adeguamento ai principi contenuti nel D. Lgs. 198/2009 e nel D. Lgs. 150/2009, in materia di definizione degli standard di qualità dei servizi pubblici e di misurazione e valutazione della performance.
Tali provvedimenti di immediata ….. applicazione per le Amministrazioni dello Stato, costituiscono le linee guida per l’adeguamento degli ordinamenti di Regioni ed Enti Locali da realizzarsi entro il 31 dicembre 2010.

Delibera n. 88)
Secondo le indicazioni del CIVIT, contenuti nella deliberazione n. 88/2010, per ogni tipologia di servizio pubblico erogato occorre analizzare:

– le principali caratteristiche dei servizi erogati;
– le modalità di erogazione;
– la tipologia di utenza che usufruisce del servizio.

Ai fini dell’individuazione dei fattori standard occorre definire le dimensioni rilevanti per rappresentare la qualità effettiva dei servizi.

Ma per non essere eccessivamente teorici sia per il lavoro che dovrá svolgere l’O.I.V. sia per i destinatari del controllo ci soffermeremo sugli aspetti salienti.
Vengono individuati quattro parametri o fattori il cui peso deve essere valutato in relazione alla tipologia del servizio che il dipedente pubblico eroga ai cittadini, i quattro fattori che POSSONO DETERMINARE UNA VALUTAZIONE POSITIVA SONO:
  •  l’accessibilità al servizio a cui è assegnato il dipendente; 
  •  la tempestività nelle risposte date agli interlocutori;
  •  la trasparenza necessaria in quanto impiegato dello Stato e pagato dai cittadini; 
  • l’efficacia della propria attività in riferimento alle mansioni assegnate e alla loro tipologia.
E noi vorremmo aggiungere anche un altro fattore determinante cioè quello inerente alle  DIMENSIONI dell’Ente, anch’esso indicatore molto importante ai fini della valutazione. (Esempio: Il dipendente dell’Ufficio Ragioneria del Comune di ALFA, che conta 10.000 abitanti,  incaricato all’emissione dei mandati di pagamento, avrà meno tempo per l’evasione rispetto al dipendente del Comune di Milano in quanto si presume che quest’ultimo si avvalga di altro personale che si rechi in banca e consegni praticamente il mandato evaso ….)
Gli indicatori per la misurazione del livello di qualità del servizio erogato.
 Per avere indicatori appropriati occorre tenere conto di sei requisiti o fattori di cui gli indicatori sulla qualità dei servizi devono tener conto:
  • Rilevanza;
  • Accuratezza;
  • Temporalità;
  • Fruibilità;
  • Interpretabilità;
  • Coerenza.
Si ritiene che tali fattori suddetti non indichino al dipendente nessuna azione operativa concreta da espletare. Si tratta come detto solo di linee guida ma non di azioni concrete e per questo non sono né  misurabili nè quantificabili.
Il passaggio successivo consiste nella definizione degli standard di qualità dei servizi erogati, ossia il livello di qualità che l’amministrazione si impegna a mantenere. Gli standard di qualità devono essere stabiliti per ogni indicatore selezionato al fine di rappresentare e misurare le dimensioni della qualità effettiva. Lo standard di qualità si basa sulla nozione di qualità effettiva dei servizi e si compone di due elementi:
– un indicatore di qualità;
– un valore programmato, che rappresenta il livello di qualità da rispettare
  ogni volta che il servizio viene erogato.

Per la definizione del valore programmato si devono verificare preliminarmente:
– le previsioni di termini fissati da leggi o regolamenti;
– gli standard di qualità già determinati all’interno della Carta dei Servizi o in altri provvedimenti adottati in materia.

In tal senso le amministrazioni, in linea con i principi contenuti nell’articolo 11 del D. Lgs. n. 150/2009 in materia di trasparenza, devono pubblicare i dati sul sito istituzionale, nonché attivare tutte le altre azioni idonee a garantire la trasparenza.
Gli utenti devono, in particolare, accedere alle informazioni e ai dati riguardanti il livello di qualità che viene garantito per ogni standard al fine di verificarne il rispetto in relazione al servizio ricevuto o richiesto ed  in caso di violazione, agire in giudizio ai sensi dell’articolo 1 del dlg. n. 198/2009.
Analoga trasparenza deve essere garantita anche per le azioni di miglioramento che l’amministrazione ha attuato o intende attuare per aumentare il livello di qualità dei servizi erogati.

Delibera n. 89)
La delibera n. 89 contiene, ai sensi degli articoli 13, comma 6, lett. d) e 30 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, gli indirizzi su “i parametri e i modelli di riferimento del sistema di misurazione e valutazione della performance di cui all’articolo 7 in termini di efficienza e produttività”.

I sistemi di misurazione della performance sono strumenti essenziali per il miglioramento dei servizi pubblici e, se appropriatamente sviluppati e implementati, possono svolgere un ruolo fondamentale nella definizione e nel raggiungimento degli obiettivi strategici, nell’allineamento di comportamenti e attitudini e nel miglioramento delle performance organizzative.

I sistemi di misurazione assumono un carattere ancora più rilevante in situazioni di ciclo economico negativo, a fronte del quale il legislatore ha assunto le misure urgenti previste nel decreto legge 31 maggio 2010, n. 78.

La Commissione, quasi a voler tracciare una risposta a quanti – e siamo fra questi – hanno letto nei contenuti della recente manovra finanziaria (D. L. 78/2010) una sostanziale vanificazione, per l’impossibilità della loro concreta applicazione, dei principi contenuti nel Decreto Brunetta sulla premialità e sulla misurazione della performance, ha espressamente sottolineato come tali misure finanziarie “non sono di ostacolo all’adozione di un sistema di misurazione della performance, ma, anzi, ne richiedono l’effettiva implementazione, per almeno due ordini di ragioni: la prima relativa alla soddisfazione delle esigenze dei cittadini e la seconda relativa alla migliore capacità di scelta e di selezione da parte delle autorità competenti in ordine all’allocazione delle risorse. Quanto al primo profilo, il cittadino deve essere al centro di qualsiasi sistema di misurazione delle performance di una pubblica amministrazione. Sono la sua soddisfazione, da un lato, e la sua partecipazione al processo di creazione di valore, dall’altro, a definire il cittadino come il vero motore di processi di miglioramento e innovazione. Quanto al secondo profilo, la misurazione della performance consente di correggere e migliorare l’allocazione delle risorse fra le diverse strutture, premiando quelle virtuose e di eccellenza e riducendo gli sprechi e le inefficienze”.

La delibera n. 89/2010 si focalizza sulla misurazione delle performance a livello organizzativo. Con riferimento alla performance individuale, la Commissione si riserva di fornire ulteriori indicazioni in un documento successivo (che come detto nella premessa del presente articolo sono alquanto auspicabili).

Sono annunciate ulteriori delibere relative alle linee guida per l’impostazione generale del ciclo, piano e relazione sulla performance.

La delibera si articola infine secondo i seguenti punti:

1. quadro normativo di riferimento;
2. descrizione degli elementi di base dei sistemi di misurazione;
3. discussione di alcuni modelli di sistemi di misurazione esistenti in letteratura;
4. requisiti minimi dei sistemi di misurazione, schema di catena logica, formato per lo sviluppo di indicatori di performance e modalità di strutturazione di indicatori di output;
5. matrice evolutiva delle pratiche adottabili in relazione ai profili di maturità delle organizzazioni;
6. modalità di raccordo con i sistemi di misurazione e i cicli esistenti.

Nostro Commento:
Intanto sarà cura del valutatore, membro dell’O.I.V. informare preventivamente il DIPENDENTE PUBBLICO sull’attività di controllo che si eseguirà sulla propria attività lavorativa e sulle proprie performance, ed inoltre CREDIAMO SIA DIRITTO CONOSCERE per quali aspetti la sua attività è performante o non performante.

Questo commento vuole solo mettere in luce le difficoltà OPERATIVE che si incontreranno sia per quanto riguarda le attività dell’O.I.V. cioè dell’Organismo di controllo , sia per ciò che concerne il lavoro degli stessi dipendenti valutati.
 Al momento infatti non esiste uno strumento valido con cui si possa valutare con obiettività l’attività svolta dal dipendente pubblico (soprattuto in riferimento alle diverse tipologie di lavoro) ,  con il rischio di danneggiare o favorire le persone sbagliate in riguardo alle performance conseguite.

In ultima analisi pensiamo che la migliore soluzione per ottenere:

  • una migliore qualità e quantità dei servizi pubblici erogati;
  • un miglioramento delle performance dei dipendenti pubblici;
  • una valutazione obiettiva e meritocatrica a favore dei dipendenti più attivi e produttivi;
  • ed in ultimo una valutazione obiettiva dell’O.I.V. competente;
sia quella di avere un unico strumento di valutazione, creato dal Ministero o dal Civit,  che consenta prima l’ inserimento dei dati relativi alle attività svolte dai singoli dipendenti, e successivamente  riporti in output una valutazione metricamente standard per tutti e non lasci dubbi sull’effettuazione di un controllo giusto, meritocratico e remunerativo per i più produttivi.

Il revisore da controllore diventa controllato. D.lgs. 39 del 27/01/2010 – G.U. 68 del 23/03/2010.

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Le società di revisione ed i revisori legali dei conti, per effetto del D.Lgs. n° 39/2010, che ha recepito la direttiva CEE n. 43/2006, saranno soggetti ad un controllo di qualità più stringente rispetto alle attività che essi svolgono. Ogni 6 anni saranno a loro volta controllati, quando siano incaricati alla revisione di societá od enti di diritto privato, ed ogni 3 anni se incaricati da enti di diritto pubblico. In particolare, i controlli di qualitá, riguarderanno le attività e la documentazione prodotta durante l’attività di revisione da essi espletata, e  la supervisione consisterà nel verificare:

. se le informazioni attinte dagli amministratori ai fini della revisione siano state ricevute per iscritto;
. se siano stati applicati correttamente i principi di revisione;
. se i revisori si sia attenuti al requisito della indipendenza rispetto agli enti o societá sottoposti al loro controllo;
. se la qualità e quantitá delle risorse impiegate nella attivitá siano state sufficienti ai fini di un corretto e completo controllo dagli stesso espletati;
. se abbiano ottemperato alla valutazione della congruitá dei corrispettivi;
In sostanza il controllo di qualitá, a cui essi saranno sottoposti, valuterá in che modo e con quali documenti abbbiano espletato il loro incarico. Per inciso la documentazione di lavoro andrà conservata per dieci anni a decorrere dalla data della relazione di revisione.
Agli obblighi qualititativi della revisione espletata dal professionista si era tenuti anche in precedenza, oggi però questa, non solo diventa una scomposizione di precise azioni che il revisore deve porre in essere ma anche un’attività da svolgere in maniera qualitativamente elevata. Trattasi dei principi di revisione ISA (international standards on auditing) introdoti dalla richiamaaa direttiva CEE.
Non sempre i revisori si attengono scrupolsamente ai loro obblighi di controllo.
Tali nuove norme di verifica delle attività svolte dal revisore sono l’occasione attraverso la quale gli amministratori prendano coscienza della mutata situazione in materia di controllo legale dei conti e di conseguenza si adoperino per dare una piena collaborazione al revisore, al fine permettergli di svolgere, nel pieno rispetto delle norme,  il delicato compito che gli è stato assegnato.
Facendo un esempio, non basterá più chiedere agli amministratori, i presumibili esborsi  della società a seguito del ricevimento di un avviso di accertamento, (al fine di poterli allocare in bilancio nella  previsione della loro copertura), ma bisognerá che tale documentazione sia consegnata  per iscritto e con data certa al responsabile della revisione. Tale normativa è volta a permettere di avere dei report effettivi sulla reale situazione economica, finanziaria, patrimoniale e di governance dell’azienda sottoposta a revisione, e ciò a tutela dei TERZI.
Così per tutti i colloqui che si avranno con gli amministratori occorrerá redigere apposito verbale.

Successivamente, con decreti attuativi, saranno emanati nuovi e precisi parametri riguardanti le attivitá cui è tenuto il responsabile della revisione.

A seguito del controllo di qualitá sull’attività svolta dal revisore, e qualora venga riscontrato un suo omportamento non conforme alla legge,  potrebbe scattare, a suo carico, l’accertamento da parte del Ministero dell’Economia con conseguenti ed eventuali sanzioni quali la sospensione dal registro o la revoca degli incarichi in essere.

Fonte:

Decreto Legislativo 27 gennaio 2010, n. 39:
“Attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 marzo 2010, n. 68 – Supplemento Ordinario n. 58.

Mutui casa 2011, guida alla scelta del tipo di tasso: fisso o variabile o misto.

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 Il 2011 inizia bene per le famiglie che hanno un mutuo a rata variabile. Difatti il tasso di riferimento EURIBOR che determina l’importo mensile da pagare è sceso di nuovo sotto la quota dell’1%. 

I mercati interbancari regolati dal tasso EURIBOR, sono sotto tensione per la crisi dei debiti europei , e ciò continua a frenare la BCE che altrimenti avrebbe già normalizzato la situazione dei tassi, abbassati in tutta fretta dopo il crack Lehman. Venerdì infatti  il tasso euribor scadenza tre mesi è stato fissato allo 0,997% mentre per la scadenza ad un mese allo 0,759%. 
Anche per i prossimi  due anni si può stare tranquilli in quanto si prevede che la base del tasso variabile EURIBOR raggiungerà la media storica del 3% solo nel 2012, se si pensa che ad ottobre 2008 era al 4,57%. Il tasso variabile finito ed effettivo applicato sul finanziamento ipotecario si determina sommando al tasso euribor di riferimento  lo spread (guadagno della banca) normalmente intorno all’1,65 % o giù di lì, con il risultato che su di un  mutuo a tasso variabile si pagherà , sull’importo ricevuto in prestito, un interesse uguale a 1,05 (euribor marzo ) + 1,65 (spread banca) = 3,70% (effettivo). Ovviamente lo spread varia da banca a banca e può essere anche oggetto di trattativa all’atto della stipula.
Esempio:


il 2-01-2008 è stato contratto un mutuo quindicennale, a tasso variabile, pari a 150.000,00  euro , soggetto a euribor a 3 mesi (4,57 % gennaio 2008)  per il quale quindi si pagava una rata di   1283,68 euro al mese (aggiungendo al 4,57%  sempre lo spread dell’1,65% della banca per un tasso finito del 6,22%.
Nel 2010 la rata è scesa a 1.014,37 euro mensili  ( ipotizzando un tasso finito del 2,69% [1,04+1,65 ] poichè l’euribor per tutto l’anno scorso è stato appena sopra l’1% (1,04 a ottobre 2010).
Adesso con tale critica situazione finanziaria europea e mondiale, l’Euribor  raggiungerà probabilmente la media storica del 3%, come detto, solo  nel 2012, mentre per l’intero anno 2011 si potrà godere ancora ed addirittura di una rata  leggermente più bassa di quella pagata nel 2010.


Per i mutui modulari vale la stessa indicazione. Difatti i mutui modulari o misti sono quei mutui che durante l’intera durata del finanziamento danno la possibilità di passare dal tasso fisso al variabile e viceversa a step annuali. Per esempio per un mutuo quindicennale si può esercitare l’opzione al 2°, 5°, 7° e decimo anno;  scadenze in cui si può decidere di pagare da un tasso fisso al variabile e viceversa.

Per chi volesse invece accendere un nuovo mutuo a tasso fisso o passare attraverso la surroga dal variabile al fisso, e per il quale, si puntualizza, la rata da pagare resta immutata per l’intera durata del mutuo stesso,  la base di riferimento è il tasso IRS  oggi al 3,60% a 20 anni  e al  3,20%  a 10 anni – (a cui va sempre aggiunto lo spread bancario), non troverà a lungo tali condizioni favorevoli per due motivi:

– il tasso fisso IRS è visto in crescita;
– il piano famiglie adottato dall’Abi che a settembre aveva permesso la sospensione del pagamento delle rate per 31.000 famiglie scade a gennaio 2010, ma che con ogni probabilità a detta dell’Abi sarà riconfermato).
– sul piano famiglie suddetto in ogni caso non bisogna far riferimento perchè solo 1 famiglia su tre che ne ha fatto richiesta ne ha ottenuto la sospensione, in quanto, per accedervi, devono ricorrere gravi motivi quali ad esempio la perdita del posto di lavoro e con famiglie mono-reddito.

Certamente la tentazione, di chi ha già in essere un mutuo, di passare dal tasso variabile al tasso fisso non è una scelta da scartare a prescindere; chi punta sulla sicurezza di una rata stabile per tutta la durata del finanziamento può scegliere il fisso per poi riscontrare a  posteriori di aver adottato una strategia valida. Attualmente la scelta del tasso fisso non ha certamente una convenienza finanziaria, ma probabilmente solo una convenienza soggettiva del mutuatario per una tranquillità personale-caratteriale sulla sicurezza dell’importo da pagare.

A nosto parere, viste le notevole incertezze finanziarie e  le sicure volatilità delle borse  dei prossimi anni e quindi dei tassi di interesse, tra cui Euribor e Irs,  il mutuo da scegliere che sia nuovo o surrogato (da un mutuo precedente) è quello MISTO O MODULARE, in cui sono previste contrattualmente vie d’uscita intermedie rispetto all’intero periodo di ammortamento,  cioè diritti di opzione a cadenza biennale o triennale con cui poter passare da un tipo di tasso ad un altro a seconda di valutazioni di convenienza e analisi delle prospettive future. 

In questo momento, ad esempio, per un nuovo mutuo si potrebbe partire con il tasso variabile perchè più conveniente, e tra due anni valutare se continuare sempre con il variabile oppure passare al fisso per altri due anni o tre anni. 
In quella data occorrerebbe prima valutare il tasso  euribor vigente per poi fare una prevesione per il futuro a due o tre anni: 

  • se ad esempio si prevede all’atto dell’opzione  e fino alla prossima un’incremento notevole del tasso Euribor, in quel caso ovviamente si opterebbe per l’applicazione del tasso fisso, se  quest’ultimo desse più garanzie di convenienza, e ciò rispetto anche alla durata residua del finanziamento.

In tal modo si potrebbe giocare con tranquillità al risparmio di interessi.

Stessa cosa vale se si  decide di accendere un mutuo variabile con cup (o tetto massimo), nel senso  che il mutuo acceso è a “tasso variabile puro” (attualmente come detto conveniente)  ha un ombrello (con cui ripararsi) o tetto previsto in contratto, oltre il quale il variabile non può salire. “Ad esempio con un tasso variabile con cup – tasso massimo applicabile-  del 5,50% (che corrisponderebbe forse al tasso fisso tra qualche anno)  si fruirebbe intanto oggi del risparmio  dovuto al bassissimo euribor per poi mal che vada ritrovarsi tra qualche anno a pagare quanto si sarebbe pagato già da adesso scegliendo il fisso.

n.b.: Gli spread applicati dalla banca, e da noi indicati a mò di esempio all’ 1,65% variano da istituto ad istituto, per cui non hanno riferimenti reali al mercato attuale.   

Legenda: 
Euribor = Euro interbank offered rate sono i tassi interbancari a breve termine, utilizzati nell’area Euro. Sono rilevati giornalmente per diverse periodi di finanziamento. Sono applicati anche per i mutui, quale parametro per l’applicazione degli interessi, di solito a 3 o 6 mesi.
Irs = Interest rate swap sono tassi interbancari a medio-lungo termine e vengono utilizzati per ricavare la rata fissa ed immodificabile per tutta la durata del prestito. Variano al variare della durata del prestito.

Commento a cura di Rivista Fiscale Web.
Fonte ideativa: Il sole 24 ore.