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Coop edilizie: Una mini guida per la complessa dimostrazione della mutualità prevalente in presenza di carenze normative.

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Sempre più attuale e complessa è l’analisi dei parametri affinché una cooperativa “edilizia” possa rientrare e permanere nella categoria delle cooperative a mutualità prevalente e continuare quindi a fruire dei benefici ad essa riservate, specie in questo ultimo biennio in cui il mercato immobiliare ha subito un brusco rallentamento

La mutualità prevalente – analisi dei parametri – periodi di osservazione
Ricordiamo che una cooperativa si intende a mutualità prevalente quando, oltre a dichiararlo in Statuto unitamente alla indicazione delle altre clausole obbligatorie,  si attivi “nel fornire beni. servizi ed occasioni di lavoro ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato” (definizione tratta dall’art. 2513 del C.C.).
Il periodo di osservazione per la verifica della persistenza del requisito della mutualità prevalente è biennale.
Il perseguimento dello scopo mutualistico da parte di tali cooperative dà diritto ai soci di ottenere un risparmio sull’acquisto di beni o servizi rispetto alle condizioni normalmente praticate sul mercato.
Il riconoscimento di cooperativa “a mutualità prevalente” nel settore edilizio viene conseguito attraverso una programmazione delle attività da espletare durante le varie fasi del processo produttivo, che sono:
  • ricerca ed acquisto di aree edificabili;  
  • urbanizzazione delle stesse aree;  
  • ricerca di finanziamenti;  
  • costruzione;  
  • assegnazione.
 Come visto precedentemente, nel caso di cooperative edilizie, tale processo può durare diversi anni ed occorre, in tal periodo, evitare il ricorso all’intermediazione di terzi nell’acquisizione dei fattori della produzione.
Il risparmio, in termini di minori costi di intermediazione, libera risorse disponibili per il miglioramento delle condizioni economiche offerte ai soci.
Lo scambio mutualistico, nell’ambito del quale i soci conseguono il vantaggio economico, è momento essenziale per la realizzazione dello scopo mutualistico.
Il Ministero delle Attività produttive, con circolare emanata il 13 gennaio 2006 prot. n. 648, fa specifico riferimento alle cooperative edilizie per la realizzazione di immobili ad uso abitativo stabilendo che anche la mera ed unica attività di ripartizione fra i soci dei costi generali della cooperativa (costi che determineranno i ricavi maturati nei confronti dei soci) è comunque rilevante ai fini della verifica e della determinazione dei parametri oggettivi di cui all’art. 2513 C.C..
E’ importante sottolineare che l’attività di una cooperativa edilizia si sviluppa nel medio-lungo termine (molto spesso quindi ben oltre i due anni di osservazione),  e quindi viene da sé che occorrerà fare i conti con le risposte del mercato, che molto spesso, se non sempre, è influenzato dall’andamento economico e finanziario nazionale e da quello del tessuto sociale ed economico che caratterizza i soggetti a cui il “prodotto-casa” è rivolto.
Ricordiamo infatti che trattandosi comunque di un mercato “medio-basso”, i problemi esterni  quali: la crisi economica, la stretta creditizia, la cassa integrazione e la disoccupazione, determinano in misura negativa l’allungamento dei tempi di realizzazione delle opere e di conseguenza la riduzione del risultato economico di un determinato intervento.
Ciò molto spesso è causa di diversi problemi circa il  confronto con i parametri utili per la determinazione della permanenza del requisito della mutualità prevalente.
Il solo parametro, attualmente preso in considerazione ai fini della verifica della prevalenza della mutualità, è restrittivamente indicato nella valorizzazione o meno della voce “ A1 – ricavi delle vendite” del Conto Economico.
Tale voce nel caso di cooperative edilizie è movimentata solo all’atto dell’assegnazione degli alloggi (che diventa definitiva al rogito notarile e dopo l’ultimazione dei lavori) e quindi spesso può succedere che per oltre due anni consecutivi essa sia pari a zero. 
Ciò non è però condizione assoluta assoluta per la verifica “di attività svolta non in misura prevalente a favore dei Soci”.
Sempre secondo l’attuale normativa, nel caso in cui tale parametro non indichi una attività svolta a favore dei soci superiore a quella svolta a favore dei terzi per due esercizi consecutivi, la mutualità prevalente viene meno con la conseguenza estrema che gli organi ministeriali o di vigilanza esterna potrebbero anche proporre il commissariamento della cooperativa ex art. 2545 Sexiesdeciss C.C..
Si ritiene importante inoltre riportare uno stralcio di un documento redatto dalla Commissione Società Cooperative – Unione Giovani Dottori Commercialisti di Roma, che nell’esaminare l’aspetto dei parametri presi in considerazione ai fini della valutazione del rispetto della mutualità prevalente sostiene:
****omissis****
“……In primo luogo, va sottolineato che, ai fini della qualifica di “cooperativa a mutualità prevalente”, non possono esservi eccezioni al rispetto dei parametri, se non in base ad un provvedimento formale, ovvero il decreto emesso dal Ministro competente. In mancanza, le cooperative che desiderino usufruire delle agevolazioni fiscali non possono far altro che rispettare i parametri economici-gestionali, quantomeno ad esercizi alterni.
Successivamente, si rileva come il decreto, stante la terminologia utilizzata dal legislatore, non può che avere portata generale. Inoltre, non si ritiene che possano essere stabiliti “regimi derogatori” con provvedimenti ad hoc, ossia validi per una singola società cooperativa. Tale conclusione, infine, discende dalla lettura della norma che, in particolare, utilizza espressioni come “struttura dell’impresa e del mercato in cui le cooperative operano”, “specifiche disposizioni normative cui le cooperative devono uniformarsi” e “ circostanza che la realizzazione del bene destinato allo scambio mutualistico richieda il decorso di un periodo superiore all’anno di esercizio”.”…..
****omissis****
…..”L’ultima ipotesi, infine, anch’essa riconducibile alla tipologia di attività svolta dalla cooperativa, si verifica quando lo scambio mutualistico non si compie nell’arco di un singolo esercizio, ma richiede il decorso di un periodo di tempo maggiore: è il caso di quelle commesse pluriennali che consentono di realizzare il rapporto di scambio con i terzi con tempistiche differenti rispetto a quello con i soci, così che la cooperativa rischia di accertare parametri mutualistici al di sotto dei limiti fissati dall’art. 2513 del Codice Civile (ad esempio, è quanto potrebbe avvenire nel settore delle cooperative edilizie). In quest’ultimo caso, si potrebbe determinare un disallineamento dei parametri per più esercizi, anche se in via temporanea e non continuativa.”…….
****omissis****
……”A titolo esemplificativo, si propongono, di seguito, due ipotetici regimi derogatori per il settore delle cooperative edilizie di abitazione e per quello delle cooperative di pulizia.
Nel primo caso, il provvedimento potrebbe prevedere che, in deroga all’art. 2513 del Codice Civile, le Cooperative edilizie di abitazione ed i loro consorzi, che realizzano programmi pluriennali di edilizia a proprietà divisa in convenzione urbanistica, documentino le condizioni di prevalenza evidenziando il costo dei manufatti realizzati da assegnare ai soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo dei manufatti eseguiti. Tale sistema, utilizzabile se più conveniente rispetto al  criterio fissato dall’articolo 2513 del Codice Civile, potrebbe neutralizzare l’effetto discorsivo derivante dall’utilizzo dei ricavi per la costruzione del parametro che, nel settore in questione, sono rappresentati dal prezzo di vendita al pubblico per i locali commerciali e dal valore di assegnazione ai soci per le unità abitative. Il criterio del costo, che implica la necessità di distinguere il costo specifico delle unità immobiliari da assegnare ai soci e di ripartire i costi comuni di tutti i manufatti, comporta la necessitò di fare riferimento al punto C) 1) dell’attivo patrimoniale, dove viene iscritto il valore delle rimanenze e dei lavori in corso su ordinazione, da correlare con le voci della lettera A) del conto economico. Tale correlazione potrebbe essere utilmente effettuata in apposito prospetto della nota integrativa, soprattutto nel caso in cui, prima della fine dell’esercizio sociale, la cooperativa abbia già provveduto ad alienare parte delle unità immobiliari.
In alternativa al sistema proposto, si potrebbe prevedere la perdita del requisito della mutualità prevalente in un arco di tempo più lungo di due esercizi, ovvero l’applicazione del parametro di cui all’articolo 2513 del Codice Civile per ogni singolo programma edilizio. Si ritiene, tuttavia, che tali soluzioni siano molto più complesse di quella per prima proposta.”
Ancora sempre la Commissione Società Cooperative – Unione Giovani Dottori Commercialisti – Roma, ritiene che provvedimenti sanzionatori gravi applicati dagli Uffici preposti alla vigilanza:
“….. verrà riservato alle cooperative che non rispettino i requisiti fissati dalla legge ed operano come vere e proprie società lucrative, a dispetto dei principi di mutualità generale previsti da tutti gli enti cooperativi, a mutualità prevalente e non. A tale fattispecie andrebbero ricondotte tutte le ipotesi nelle quali la cooperativa si manifesti come uno strumento “artificiosamente” creato per conseguire scopi egoistici o lucrativi di una minoranza di soci a dispetto dei principi di democrazia interna, di partecipazione alla vita dell’ente e di effettività della compagine sociale…….”
Deroghe
Il Ministero delle Attività Produttive con proprio Decreto del 30.12.2005, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 20 del 25.01.2006, ha stabilito delle norme transitorie che prevedono  regimi derogatori ai criteri per la definizione di cui all’art. 2513 del Codice Civile.
La norma transitoria, prevede tre casi di mutualità, che per brevità, chiameremo “derogata”:
  • struttura dell’impresa e del mercato; 
  • specifiche disposizioni normative; 
  • realizzazione del bene destinato allo scambio mutualistico per un periodo di tempo superiore all’esercizio.
Il terzo caso è sicuramente riferibile all’attività tipica di una cooperativa edilizia che come abbiamo avuto modo di dire in diversi punti del presente articolo, si realizza molto spesso nel corso di più esercizi (processo produttivo che va dalla ricerca delle aree, alla costruzione, all’assegnazione definitiva).
Questa previsione fin dall’inizio si riteneva disposta  proprio in funzione delle cooperative edilizie.
Malgrado ciò il Ministero, in diverse fattispecie VERIFICATORIE , a cui si è dovuto opporre RICORSO, non ha ritenuto indicare espressamente nelle cooperative edilizie i soggetti beneficiari per natura di tali deroghe.
Conclusioni
L’analisi di cui sopra ci impone di esporre alcune valutazioni:
1)       il termine temporale preso a base per la verifica dei parametri persistenti di mutualità prevalente di due anni è da considerarsi troppo esiguo per l’attività svolta  dalle cooperative edilizie che realizzano immobili ad uso abitativo,  né è dimostrazione il fatto inconfutabile che in tale lasso di tempo, molte volte, non si riesce nemmeno ad iniziare un intervento (considerando i tempi per l’assegnazione delle aree, per la loro urbanizzazione e per l’edificazione <>);
2)       per alcuni interventi edilizi, pur rimanendo nell’ambito dell’edilizia convenzionata, è consentito costruire anche unità commerciali che non potranno essere assegnate ai soci ma unicamente VENDUTE a  terzi. Tali vendite, in ogni caso, non sono da considerarsi a scopo di lucro  ma destinate a produrre un beneficio ai soci assegnatari degli alloggi quindi il rapporto attivo circolante – passività a breve; in quanto dal loro ricavato si ottiene un abbattimento dei costi generali, quali gli oneri finanziari, oltre che una riduzione delle esposizioni verso fornitori (se trattasi di permute) o verso Istituti di credito (se trattasi di cessioni con pagamento del corrispettivo) ottimizzando complessivamente
Si ritiene in ultimo che l’attuale normativa vigente in materia di Cooperative Edilizie a mutualità prevalente non sia ancora in grado di dare perfetta e puntuale risposte alle situazioni di alternanza di periodi in cui la Cooperativa non rispetta i parametri dettati dall’art. 2513 del C.C. e altri in cui i parametri sono perfettamente congruenti.
Con ciò si auspica che gli organi preposti a legiferare e controllare le attività delle cooperative rivedano con occhio più “elastico” l’applicazione di dette norme, al fine di attribuire il benefecio ai soggetti che ne abbiano effettivamente diritto, anche nell’ottica del raggiungimento del fine dei provvedimenti posti in essere dal legislatore.

Articolo a cura di Marta Bregolato

Unico 2011 S.C. Novità.

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Con Provvedimento Agenzia delle Entrate 31 gennaio 2011 (pubblicato in G.U. il 3-02-2011 ai sensi dell’art. 1 comma 361 legge 244/2007)  sono stati approvati:
  • il modello Unico 2011 S.C. con relative istruzioni, che le società e gli enti commerciali residenti nel territorio dello Stato ed i soggetti non residenti equiparati devono presentare nell’anno 2011 ai fini delle imposte sui redditi e dell’I.V.A.;
  • i modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione dei parametri da utilizzare per il periodo d’imposta 2010;
  • i modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indicatori di normalità economica da utilizzare per il periodo d’imposta 2010.
Scorrendo tra le istruzioni si segnala:
  • nel quadro RS l’intrudozione di una sezione dedicata ai contratti di rete tra imprese (ai sensi dell’art. 3, c. 4 ter e successivi  D.L. n. 5 del 2009 convertito nella legge 33/2009);
  • nel quadro RS la possibilità di indicare la detrazione  pari ad un decimo delle spese di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica degli edifici;
  • l’applicazione delle nuove norme circa la deducibilità degli interessi passivi ex articolo 96 D.P.R. n. 917/1986. (che riguarda principalmente la variazione in aumento degli interessi passivi incapienti nel 30% del Reddito Operativo Lordo -come da ns. articolo di alcuni giorni fa-).

Modello e istruzioni per intero si potranno recuperare sul sito dell’A.d.E..

Imprese di costruzioni: la difficoltà nella valutazione delle rimanenze di immobili invenduti ed in corso di costruzione.

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Per i bilanci da chiudere prossimamente  è d’obbligo un approfondimento   sulla valutazione delle rimanenze per le imprese di costruzione.
Si ritiene difficoltosa, PER TALI IMPRESE, la valorizzazione delle rimanenze sia ai fini civilistici che fiscali, vista la prolungata crisi del settore. Ciò per quanto riguarda gli immobili completati ed invenduti.

Molto spesso le iniziative immobiliari sono attivitate mediante ricorso a crediti bancari e  i relativi oneri finanziari, per i fabbricati  in corso di costruzione sono capitalizzati  mediante imputazione in conto rimanenze.
Secondo i principi contabili nazionali infatti:
– se un finanziamento è stato accesso per sostenere i costi di costruzione ,  e  il completamento dei lavori  richiede tempi produttivi relativamente lunghi, è data la possibilità di imputare i relativi oneri, per interessi passivi, al conto “rimanenze di opere in corso”, nei limiti del periodo di costruzione.
La capitalizzazione in bilancio dunque, di tali interessi, va sospesa nel momento in cui gli stessi immobili sono ultimati ed il fabbricato è commerciabile.
Occorre controllare, con monitoraggio continuo, che il valore del bene non superi quello dell’eventuale vendita.
Ora vista la crisi, e non conoscendo, “nè quando” “nè a quanto” sarà venduto l’immobile si comprende bene la difficoltà di valorizzazione di tali particolari rimanenze che come detto non può eccedere il valore di vendita futura.
Fonte: Gli immobili invenduti fanno i conti con la crisi – Gaiani Luca , pag. 36 – Mercoledì 23 marzo 2011
In merito a tale problematica fiscale, l’opinione di rivista fiscale web, è quella di inserire vista la crisi, la valorizzazione delle rimanenze secondo un criterio reale come si è sempre fatto, senza fare previsioni su quando ed a che prezzo saranno venduti gli immobili.
Poi successivamente, nel momento in cui questi saranno venduti facendo un esempio dopo due o tre anni, disporre con apposita norma:
-che sia riconosciuto al costruttore, il costo finanziario dell’immobile invenduto, dal momento della ultimazione a quello della vendita. 
In tal caso potrebbe essere ideale anche ai fini di evitare raggiri a fini evasivi, valutare lo scostamento delle rimanenze < > rispetto alla vendita, calcolando quanto è costato al costruttore tenere invenduto lo stesso immobile per un dato periodo di tempo. Oppure stabilire una deduzione forfettaria che dimuisca il margine ricavato dalla vendita rispetto al valore delle rimanenze riportato in bilancio.
 
Si coglie l’occasione anche per ricordare che la valutazione delle “opere in corso di lavorazione/costruzione”, come disposto dall’art. 92 comma 6 del DPR 917/86, “viene effettuata prendendo come riferimento le spese sostenute inclusi gli oneri accessori di diretta imputazione (art. 110 c.1 lett. b DPR 917/86)”. 
Sono escluse quindi le spese generali, di ricerca e gli interessi passivi; per questi ultimi come detto fanno eccezione le imprese edili (che quindi possono incrementare le rimanenze di opere in corso degli oneri del finanziamento finalizzato alla costruzione).

Contabilmente la valutazione avviene sospendendo, mediante l’iscrizione della posta risconti attivi, tutte le spese sostenute nell’esercizio che ancora non sono imputabili alla parte di valore ultimata. Tale criterio costituisce la regola, per le imprese edili, che realizzano pe conto proprio edifici destinati alla successiva rivendita (Ris. Min. 8 luglio 1975 n. 2/668).

La situazione italiana: ne parla Mario Draghi intervenuto ad un convegno presso l’Università del Sacro Cuore il 21 marzo 2011.

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Ieri Il Governatore della Banca d’Italia ha partecipato ad un convegno tenutosi presso l’Università del Sacro Cuore, che trattava il tema ” Euro dal passato al Futuro”.
  • Ne riportiamo un estratto nella parte che  più ci interessa e che analizza la situazione italiana attuale.
La cura che Draghi ritiene fondamentale per parlare di ripresa economica, nel presente articolo è riportata in evidenza, sperando che qualcuno la legga e si attivi per porla in essere, pur nei comprensibili sistemi di potere politico, ma sicuramente nell’interesse primario del nostro Paese.
1) L’Italia dal 2008 al 2009, in piena crisi globale, ha avuto un disavanzo pubblico passato dal 2,7 al 5,4 per cento del PIL.
Nella media europea il disavanzo, ha detto Draghi è più che triplicato, attestandosi al 6,3 per cento.
Nel 2010  si è ridotto al 4,6 per cento, mentre quello dei paesi dell’area euro, è rimasto invariato. Il Governo in questo caso ha saputo tenere i conti  anche supportato dalla solidità del sistema bancario italiano che non ha richiesto  rilevanti aiuti a carico del bilancio pubblico.
2) Il debito pubblico italiano invece è salito ancora; la sua gestione è stata  in ogni caso prudente in quanto ne è stata progressivamente allungata la durata media residua sia pur in un contesto di estrema incertezza e volatilità.
3) La situazione patrimoniale di imprese e famiglie è complessivamente solida.
I risparmiatori italiani non hanno la propensione all’utilizzo di strumenti finanziari ad alto rischio; l’indebitamento è abbastanza contenuto anche se basato su tassi variabili, geneticamente più rischiosi. 
4) Il problema dell’economia italiana è la difficoltà strutturale a crescere, affermazione già fatta altre volte ma che non è mai superfluo ricordare.
Il compito gravoso della politica economica è CAMBIARE questo stato di cose RIDUCENDO l’incidenza del debito pubblico sul prodotto (PIL).
Occorre il ripristino immediato di un solido avanzo primario contestualmente ad interventi che favoriscano la crescita (LA GRANDE SFIDA DELLA POLITICA)…
Aumentare le aliquote fiscali sarebbe un disastro ECONOMICO: comprometterebbe  irrimediabilmente la crescita, sottoponedo i contribuenti onesti ad una insopportabile vessazione di polizia tributaria e di iniquità fiscale anzi sarebbe necessasrio ridurle via via che si recupera l’evasione fiscale.
Non resta che controllare la spesa, ma in modo mirato, con un’importante discrimine:
– diminuire la spesa per ciò che ostacola la crescita;
– lasciarla invariata nelle poste di bilancio che la favoriscono.
Scelte politiche oculate e sagge non possono trascendere da una valutazione  attenta e profonda degli effetti anche macroeconomici che ogni voce di spesa ha come effetto.
Le riforme già realizzate come quella quella pensionistica, ci pongono tra i paesi in cui per assicurare la sostenibilità di lungo periodo dei conti pubblici occorre una minore correzione dei saldi di bilancio.
Le nuove regole europee per la riduzione del debito pubblico non è un vincolo più stringente di quello già esistente per il pareggio strutturale di bilancio.
Si può valutare che la riduzione del DEBITO è un obiettivo che assicurerebbe automaticamente  favorevoli presupposti di crescita economica.

Questo è la sintesi dell’intervento di Draghi che per gli addetti ai lavori non può che essere condivisa fuori da ogni logica politica.

Per quanto riguarda l’aspetto fiscale e la lotta all’evasione che è pure cardine per la ripresa economica laddove la lotta all’evasione consenta la riduzione delle aliquote fiscali vogliamo puntualizzare un aspetto importante già detto ma crediamo sia necessario ripetere:

ci auspichiamo che i tanti provvedimenti posti in essere dallo Stato Italiano nel 2011 al fine di contrastare l’evasione fiscale quali ad esempio l’introduzione del redditometro, lo spesometro, l’accertamento parziale, le indagini bancarie  ed altri non siano operazioni che indiscriminatamente colpiscano molti contribuenti onesti e pochi contribuenti grandi evasori.

La mancata notifica fiscale è valida con l’affissione all’albo comunale.

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 La Cassazione ha affermato, con la sentenza del 16 marzo 2011 n. 6102, che l’affissione all’albo comunale è adempimento sufficiente per  legittimitare il procedimento notificatorio, non essendo quindi necessaria la spedizione della rituale raccomandata a/r.
Difatti i giudici hanno stabilito che la NOTIFICA è validamente e RITUALMENTE eseguita anche tramite affissione all’albo comunale di residenza del contribuente nel caso in cui questi non sia reperibile tramite il servizio postale.
Nella fattispecie concreta si trattava di un avviso di accertamento la cui NOTIFICA è stata considerata appunto rituale MEDIANTE l’affissione all’albo tenuto dal Comune di Residenza del contribuente. I giudici hanno affermato ancora che  la stessa notifica per essere valida non necessita della spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento, come disposto dall’art. 140 del Codice della procedura civile.
Fonte: Il Sole 24 Ore.

Pensioni Inps: Finestra mobile di 12 o 18 mesi per coloro che hanno il requisito al 1 gennaio 2011.

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L’Inps, con la circolare n. 53 del 16 marzo 2011, precisa  che con la cosidetta finestra mobile (introdotta dalla legge 122/2010) la pensione per gli aventi diritto decorrerà 12 mesi dopo il raggiungimento dei requisiti da parte dei lavoratori dipendenti e 18 mesi dopo invece per i lavoratorori autonomi. Ciò per coloro che il requisito medesimo lo hanno maturato dal 1°  Gennaio 2011 in poi.
Quindi facendo un esempio, se un dipendente ha raggiunto l’età pensionabile il 31-01-2011 la sua pensione decorrerà dal 31-01-2012.
Per coloro invece che il requisito lo avevano già maturato al 31-12-2010, si continueranno ad applicare le norme precedentemente in vigore.
La circolare precisa inoltre, in ossequio al parere del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che la nuova normativa è applicabile anche:
– ai soggetti autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 20 luglio 2007;
– alle donne che accedono alla pensione di anzianità secondo il regime sperimentale disposto dalla legge n. 243 del 2004 tramite opzione per la pensione a 57 anni di età con il sistema contributivo.
La circolare suddetta 53/2011 esamina anche l’applicazione delle disposizioni inerenti ad altre tipologie di prestazioni assistenziali quali la pensione supplementare, la pensione di vecchiaia derivante da trasformazione dell’assegno ordinario di invalidità, la pensione di vecchiaia a carico della Gestione separata l. 335/1995.
fonte Inps.

Guerra in Libia tra diritti dell’uomo e interessi economici. Diciamo qualche verità nascosta…

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Non possiamo fare a meno di commentare e dire la nostra su questa guerra, (perchè di guerra si tratta) che si sta combattendo contro la Libia.
Senza ombra di dubbio le Organizzazioni internazionali e l’ONU in primis, non può stare a guardare mentre si commettono crimini contro l’umanità.
Ma ci sono cori discordanti … difatti Russia, Cina, Germania si astengono da azioni di guerra, mentre la Francia in testa con Usa, Inghilterra Canada e Norvegia hanno intrapreso subito le azioni militari alla mancata resa di Gheddafi.
L’Italia, dimenticando con velocità lampo, baciamano ed accordi bilaterali con Gheddafi e via dicendo, anch’essa si è imbarcata in questa avventura, in questa guerra … a fini di pace…
Ma stiamo attenti e guardiamo bene tra le righe, guardiamo i tanti perche dell’intervento  militare soprattutto attraverso i risvolti economici che si avranno, fermo restando che molte persone moriranno ugualmente, sia con, che,  senza intervento militare dell’ONU, anzi forse di più, ma questo non si può contestare e neanche noi lo stiamo facendo.
Da parte statunitense ed occidentale la Libia del dopo crisi sarà una realtà instabile che metterà a repentaglio la sicurezza energetica di nazioni intere, la stabilità di vecchie alleanze e il problema dei flussi di immigrati.
Ancora potrebbe dare, con una impennata notevole del prezzo del greggio, un duro colpo economico alla già instabile situazione mondiale.
Allora ci viene da chiedere, la Guerra in Somalia … certamente anche lì c’è stata attenzione per gli eccidi ed anche interventi esterni, ma non di questa portata… allora  la  domanda sorge spontanea ? gli Stati Uniti e gli altri stati dell’ONU si muovono quando i crimini contro l’umanità sono perpretati solo dove ci sono le materie prime ? tipo Afghanistan…  

Come ha detto Giulietto Chiesa oggi in una video intervista riportata da Tiscali News: Le Bombe sulla Libia solo per il petrolio e il Gas.

Ne riportiamo un estratto:

“La decisione dell’intervento militare in Libia, da parte degli stati occidentali , non è dovuto alla premura di proteggere gli insorti e i cittadini libici bensì all’occasione di mettere le mani su petrolio e gas.
L’azione di guerra a cui si assiste viola le norme che regolano l’attività dell’Onu.

Nel momento in cui si sbarazzeranno di Gheddafi, il territorio sarà spartizione delle multinazionali.
L’Italia in questo scenario avrà solo le briciole  perché a recitare la parte principale saranno, con  il benestare Usa,  i britannici e i francesi che, di fatti più di tutti, hanno voluto questo conflitto tanto da aver armato (più di altri occidentali) la ribellione antigovernativa”.

Mediazione obbligatoria a partire da oggi 20 Marzo 2011. La mediazione di fatto c’è sempre stata…

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Nel D.Lgs. 28/2010, che ha introdotto la mediazione obbligatoria finalizzata alla conciliazione, erano previsti i provvedimenti normativi che dettavano le condizioni di procedibilità del ricorso giudiziale a partire dal 20 marzo 2011.
Nel Decreto Milleproroghe è stato disposto uno slittamento di un anno ma solo per alcune materie come le controversie condominiali e il risarcimento danni per veicoli e natanti.
Mentre entra in vigore oggi l’obbligo di esperire, in via preliminare, il procedimento di mediazione allo scopo della conciliazione per le seguenti materie:
  • diritti reali;
  • divisione;
  • successioni ereditarie;
  • locazione;
  • comodato;
  • patti di famiglia;
  • affitto di aziende;
  • risarcimento danni per responsabilità mediche;
  • risarcimento danni per diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo;
  • contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Vantaggi ed opportunità della mediazione finalizzata alla conciliazione:
  • brevità del procedimento che non può superare 4 mesi;
  • costi contenuti (40 euro per ciascuna parte in fase di avvio, e il 12 per mille massimo per ciascuna parte su una controversia ad esempio di 50.000 euro <>)
  • tutti gli atti, documenti ecc. relativi al procedimento di mediazione sono esenti da imposta di bollo e da qualsiasi altra spesa di importo e natura;
  • l’eventuale verbale di accordo è esente da imposta di registro fino a 50.000 euro, che si pagherà quindi solo per l’eccedenza;
  • in caso di accordo, e quindi di chiusura della controversia tramite la mediazione, alle parti è riconosciuto un credito d’imposta di 500 euro cadauno che si riduce alla metà in caso di insuccesso e ricorso alla giustizia ordinaria.
fonte: Eutekne.

Nota RFW.
Che dire … siamo abbastanza meravigliati e perplessi, molto conveniente, diremo troppo conveniente.
L’Istituto ci sembra la sostituzione “in diritto” di quello che fanno un pò tutti prima di proporre un giudizio ordinario: cercare di trovare un accordo per evitare il contenzioso civile, appunto nelle materie di competenza della mediazione.
Mi sembra che non possa essere altrimenti, non c’è un difensore di parte,  ma un mediatore come di fatto succedeva anche prima nella realtà di tutti i giorni, quando una persona super partes cercava di mediare ed evitare il contenzioso tra i litiganti. 
Ma diciamolo onestamente se si ha una controversia per un diritto reale di notevole valore, si va in mediazione per …. fare cosa…. ma poi !!! 
se la parte avversa non ha ceduto prima non cederà neanche con la mediazione, si porterà a casa il credito d’imposta e proporrà ricorso tramite il suo legale di fiducia.


Ricerca scientifica: Fondazioni, l’importante distinguo della risoluzione 123/E del 22.09.2004.

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Per quanto riguarda i proventi ricevuti da una Fondazione che svolge Ricerca Scientifica, si commenta una fattispecie interpretata dalla Risoluzione in oggetto.
La risoluzione rispondeva ad una istanza di interpello, inoltrata da una Fondazione Onlus che svolgeva l’attività di ricerca scientifica (nel campo delle patologie ematologiche dell’adulto), che riguardava il dubbio sulla natura commerciale o meno dei proventi derivanti dalle attività scientifica svolta in convenzione con una casa farmaceutica e ricevuti da quest’ultima.

La soluzione prospettata dalla ISTANTE derivava dalla intrinseca  considerazione della tipologia dell’ attività svolta,  affermando di non ritenere il corrispettivo ricevuto quale introito di natura commerciale (ricavo), nella considerazione che esso rientrava tra i contributi derivanti dall’attività istituzionale svolta e utilizzati per il mantenimento della struttura scientifica medesima.
L’Agenzia delle Entrate fa di più, costruisce il suo parere, interpretando le norme, con due distinzioni sottili ma fondamentali.
Per l’Agenzia infatti sussisterebbero due fattispecie diverse che fanno mutare la natura dell’introito e di coseguenza la sua imponibilità/non imponibilità fiscale:
  • In entrambi i casi contemplati dalla Risoluzione la Fondazione sottoscrive una convenzione con una casa farmaceutica che si impegna a fornirgli un supporto finanziario in cambio dei risultati scientifici ottenuto dalle  Ricerche della Fondazione stessa.
  1. L’Agenzia considera una prima ipotesi in cui  la proprietà delle informazioni  e  dei risultati scientifiche resta alla Fondazione sebbene i risultati di tali ricerche vengono trasmessi  in primis alla casa farmaceutica convenzionata, ma anche divulgati liberamente a tutta la comunità scientifica.
  • Poi prevede una seconda ipotesi, in cui  la proprietà delle informazioni scientifiche viene trasferita alla casa farmaceutica sebbene la Fondazione  possa comunque divulgarne i risultati ugualmentea tutta la comunità scientifica.
 L’Amministrazione Finanziaria, ha ritenuto con questo perentorio distinguo, che nel primo caso possa configurarsi pienamente un’attività esclusiva di solidarietà sociale e che in quanto tale qualifica i proventi come derivanti da attività istituzionali e quindi non tassati IRES.
Nel secondo caso invece pur permanendo assicurata la divulgazione dei risultati scientifici, l’attività deve essere definita come “connessa” in quanto non volta esclusivamente al perseguimento di finalità di solidarietà sociale. 
Tale seconda pratica , si aggiunge, è   permessa nei limiti definiti dall’art 10, comma 5 del DLgs 460/97.
Dalla risoluzione commentata ed IN RIGUARDO PRECISAMENTE al secondo caso,  in cui  l’attività svolta si configura come connessa commerciale, deve essere rispettato il limite di 2/3 di tali introiti rispetto ai costi  complessivi della Fondazione affinchè essa mantenga i requisiti di ente non profit.
Non appare possibile e lo riteniamo giusto, trasferire la proprietà dei risultati scientifici alla casa farmaceutica senza la possibilità di divulgare gli stessi alle altre comunità scientifiche, ciò in quanto verrebbe meno la natura sociale propria dell’Ente e si configurerebbe pienamente un’attività d’impresa. 
Alla luce di tale risoluzione, nel momento in cui si attua una convenzione con una casa farmaceutica o altro soggetto, occorre imputare e quantificare  correttamente il corrispettivo pattuito, fermo restando l’obbligo della Fondazione, in tutti i casi, di divulgare anche al mondo sanitario i risultati delle loro ricerche.

Le Poste devono risarcire l’intero danno subito dal cliente in caso di ritardo nel recapito di una spedizione effettuata con il servizio postacelere.

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La Corte costituzionale con la Sentenza n. 46/2011 ha condonnato Le Poste Italiane Spa al risarcimento del danno subito da un cliente per il ritardo nella consegna di un pacco posta celere dichiarando illegittimo l’art.6 del D.P.R. 156/73 nella parte in cui recita che il concessionario non ha responsabilità per il ritardato recapito delle spedizioni.

Il caso.
Una società aveva spedito a mezzo postacelere la documentazione occorrente per la partecipazione ad una gara d’appalto. Per un errore del vettore, la spedizione invece di di arrivare a Reggio Emilia è arrivata a Reggio Calabria e ciò ha causato l’esclusione della società dalla partecipazione alla gara per decorso del termine di consegna delle offerte.
Le poste dal canto loro si sono limitate a rimborsare esclusivamente il costo della spedizione.
Il tribunale di Napoli a cui si era rivolta la società ha richiesto l’intervento della Corte di Cassazione.
I giudici della Corte costituzionale, hanno decretato il risarcimento del danno subito dalla società per non aver potuto partecipare alla gara.
Hanno bocciato la norma suddetta affermando che “la previsione della mera corresponsione del costo per la spedizione determina, anche nel caso di servizio postacelere, una totale esclusione di responsabilità, non essendo in grado di assolvere a una funzione risarcitoria del danno arrecato all’utente, che utilizza il predetto servizio proprio in vista della celerità del medesimo”.