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Lezione Magistrale del Governatore Mario Draghi.

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Il Governatore della Banca D’Italia M. Draghi in occasione del convegno in memoria del grande economista Giorgio Fuà, tenutosi all’ISTAO di Ancona il 5 novembre scorso, è intervenuto con una precisa analisi dell’attuale crisi economica.

Il suo commento, che si potrà leggere integralmente sul sito della banca d’Italia, ha riguardato tre punti fondamentali:

  • il problema della crescita dell’economia italiana;
  • gli indicatori di benessere di una nazione;
  • il compito della politica economica.

 

Il problema della crescita dell’economia italiana secondo Draghi.

     Nel suo discorso, Draghi ha confermato le stime di recessione diffuse dal Fondo Monetario Internazionale  riguardanti i paesi dell’area Euro.  Tali stime  per il 2015 prevedono  che i Paesi della CEE avranno una diminuzione del PIL di 5 punti rispetto al 2000 passando dal 18% al 13%  a parità di potere d’acquisto ( in rapporto al Pil Mondiale). Nello stesso periodo, cioè dal 2000 al 2015, invece la quota di PIL dei Paesi  Emergenti  passerà dal 15% del 2000 al 29% del 2015 (circa il doppio)
Questo dato rappresenta ciò che sta accadendo nell’economia mondiale a causa della   rimodulazione degli equilibri economici causati dalla globalizzazione.
Draghi ha aggiunto che il nostro Paese rispetto agli altri Stati membri risentirà maggiormente di tale fenomeno e quindi della crisi. Tale affermazione gli deriva dall’analisi degli ultimi anni della vita economica del nostro paese:

“In Italia tra il 1998 e il 2008 il costo per unità di prodotto nel settore privato è aumentato del 24%, in Francia del 15%, mentre in Germania è addirittura diminuito.

Nello stesso periodo (1998-2008) la produttività è aumentata del 22% in Germania, del 18% in Francia e solo del 3% in Italia“. 

Nell’intervento Draghi ha citato altri dati allarmanti, sufficienti per pretendere da chi ci governa di concentrarsi esclusivamente sui “problemi reali” della nazione.

Indicatori di benessere.

 Il Governatore Draghi, ricordando il pensiero del grande economista Giorgio Fuà, ha affermato che l’indicatore di benessere di una nazione non è dato solo dalla quantità di produzione che realizza,  ma anche da altri aspetti, quali l’equilibrio con l’ambiente naturale:

Questo grande precursore degli scenari economici attuali, continua ancora il Governatore, sosteneva che il reddito nazionale ed il benessere collettivo non sono la stessa cosa.

Il tema è quanto mai attuale, Il Presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy ha nominato Joseph Stiglitz, Presidente della “Commissione sulla Misurazione delle Performance Economiche e di Progresso sociale degli Stati membri”, di cui si sta occupando anche l’Istituto di Statistica e l’OCSE in collaborazione con lo stesso Stiglitz. 

Draghi: “E’ inutile aggiungere che per l’Italia tali indicatori erano già bassissimi prima della crisi attuale”.

Fuà già quindici anni fa, sosteneva che “nei paesi ricchi era più urgente studiare e correggere il senso di frustrazione dei lavoratori che si associa al lavoro e non esclusivamente il salario e la produttività“. 

Il compito della politica economica.

La politica italiana, di qualsiasi colore sia, deve interrogarsi sulla grande difficoltà di crescita del nostro paese in riferimento a tale indicatore di benessere, sia oggi che negli anni pre-crisi. Tema quanto mai attuale visto che sia la Commissione Europea  sia  la stessa Commissione Stiglitz lo impone. La politica deve realizzare strategie efficaci  e capaci di virare verso  l’orizzonte dell’economia sociale che possa realizzare l‘equilibrio tra reddito e qualità della vita per l’incremento del benessere della nostra nazione.

Ancora, ha detto Draghi, non conosciamo esattamente gli effetti definitivi della crisi sul nostro sistema produttivo, sappiamo che è in atto un processo di ristrutturazione radicale di parti del sistema che potrebbe avere anche effetti positivi ma ciò non è una previsione al momento attuabile.

Aggiunge che la politica deve iniziare a ragionare secondo questi indirizzi e sulle scelte di strategia collettiva, in modo da realizzare il benessere dello Stato e dei suoi cittadini, non solo economico ma anche qualitativo. Gli indicatori internazionali, conclude, rappresentano l’Italia come un Paese con gravi criticità ma mediamente ricco e con elevata speranza di vita. L’inazione del nostro Stato è una propensione tutta italiana che ha causato  più degli altri paesi partners la mancanza di produttività ed è la stessa che potrebbe generare un lento declino. 

La ricchezza italiana è frutto di azioni e decisioni passate, la produttività e la crescita sono frutto di decisione e azioni proiettate nel futuro. Siamo un Paese che privilegia guardare ciò che ha fatto rispetto a ciò che farà;  mentre il futuro è l’unica ricchezza per i nostri giovani e non è affatto privilegiata.

Commento:

L’invito di Draghi è diretto ed eloquente, inviato  ai politici italiani di oggi e di ieri. Bravi nel risolvere le contingenze, le urgenze, bravi nell’attivarsi nei casi disperati.

Con la manovra correttiva, profondamente iniqua, oggi criticata anche da Napolitano, non si fa che mettere un’altro “rattoppo” alla gomma forata e i tagli lineari profondamente ingiusti  potrebbero causare gravi turbolenze sociali oltre la crisi.

Draghi ha voluto dire che occorre un approccio sistemico al problema della produttività non una tantum.

Ha voluto dire che l’Italia è come una nave che già faceva acqua da tutte le parti,  oggi più di ieri. 

E mentre la nave va in affondamento, i vari capitani litigano per chi deve tenere il timone anzichè aiutarsi a vicenza per tornare a riva “salvi” e costruirne una più solida.  

Maggiore tutela per i collaboratori.

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In riferimento alle collaborazioni coordinate e continuate, vanno evidenziate due importanti disposizioni contenute nel collegato al lavoro approvato in via definitiva dalla Camera il 19 ottobre 2010:

1) La prima disposizione è contenuta nell’art. 39, che estende il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, già previste per i datori di lavoro (Legge 838/83), anche ai committenti di collaborazioni coordinate e continuate.

I committenti, quindi, che omettono i versamenti delle ritenute previdenziali ed assistenziali dei propri collaboratori a progetto o collaboratori coordinati e continuati (iscritti alla gestione separata (art. 2 L. 335 8-08-1995) sono in questo caso equiparati ai datori di lavoro e quindi passibili della reclusione fino a 3 anni e della multa fino a 1033 euro, salvo il versamento dei contributi omessi entro tre mesi dalla notifica dell’accertamento.

2) La seconda disposizione è contenuta nell’articolo 50, la quale introduce una disciplina a carattere transitorio sui rapporti di collaborazione fissando precisi criteri per la determinazione del risarcimento del danno, nei casi di accertamento della natura subordinata di un rapporto di collaborazione coordinata e continuata. 
In tale ipotesi qualora il datore di lavoro avesse offerto, entro il 30 settembre 2008, la stipula di un contratto di lavoro subordinato ai sensi della disciplina transitoria sulla stabilizzazione dell’occupazione, di cui all’articolo 1, commi da 1202 a 1210, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, sarebbe tenuto unicamente a risarcire il prestatore di lavoro con un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità di retribuzione, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della L. 15 luglio 1966, n. 604.

3) L’articolo 48, comma 7, ha poi previsto una nuova forma di tutela del lavoratore in merito al versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, le quali dovranno essere versate senza necessità di un progetto allegato al contratto di collaborazione.

Si tratta delle collaborazioni occasionali (art. 61 comma 2 del D.Lgs.. n. 276/2003) con una durata complessiva del rapporto non superiore ai trenta giorni ed un compenso totale non superiore ai 5.000 euro. Nel caso prospettato il rapporto non si considera occasionale anche se inferiore ai 30 giorni lavorativi.

La nuovo fattispecie introdotta riguarda “i servizi per la cura ed assistenza alla persona”, non superiori, però, a 240 ore. Si perde per questo tipo di prestazioni qualsiasi riferimento all’ammontare del corrispettivo e dei giorni.

Ai rapporti di collaborazione coordinata e continuata sono inoltre applicabili i nuovi termini per opporsi alla comunicazione della risoluzione del contratto da parte del committente.

L’articolo 32 dispone che il collaboratore ha 60 giorni di tempo, dal ricevimento della comunicazione di risoluzione del rapporto, per contestarla in forma scritta. L’opposizione non potrà essere promossa nel caso in cui il collaboratore nei 270 giorni successivi alla comunicazione del committente non depositi ricorso in Tribunale o non proponga alla controparte una procedura d’arbitrato.

(Considerazioni finali)

L’introduzione dell’equiparazione dei committenti ai datori di lavoro, nel caso di omissione del versamento delle ritenute previdenziali ed assitenziali trattenute ai collaboratori, ci sembra un provvedimento giusto e necessario che rende pià tutela ai tanti lavoratori precari laddove si prevedano sanzioni ai committenti al pari dei datori di lavoro. Quindi maggiori garanzie per coloro che sono precari, che possono da ciò ricevere maggior impulso positivo alla loro attività collaborativa (anche se resta il nodo della determinazione della retribuzione, ancora altamente speculativa) in vista di una ripresa economica che possa permettere di stabilizzare il loro rapporto di lavoro.