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Bollo Auto: come pagare la tanto odiata tassa con l’App IO

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Una delle tasse più odiate insieme al Canone RAI è il Bollo Auto. Si tratta della tassa che tutti i proprietari di un veicolo devono pagare: in altre parole, il bollo auto è un tributo dovuto da tutti i possessori di veicoli (auto e moto) immatricolati in Italia. Non esiste una scadenza uguale per tutti gli automobilisti, ma bisogna prendere come riferimento la data di immatricolazione del mezzo ed il tipo di vettura in possesso.

Ci sono casi di esenzione dal pagamento del bollo auto e alcune Regioni consentono di beneficiare di scontistiche con la domiciliazione bancaria. Salvo i casi di esenzione dal pagamento del tributo che colpisce i possessori di una vettura, come si può pagare il bollo auto? Molti preferiscono pagare la tanto odiata tassa con l’App IO. Come procedere? Scopriamolo.

Bollo Auto: come pagare con l’App IO?

L’App IO della Pubblica Amministrazione consente agli utenti di accedere a molti servizi direttamente dal proprio dispositivo. È la stessa applicazione che fino a poco tempo fa consentiva di ricevere il cashback di Stato. La stessa applicazione viene utilizzata dagli automobilisti per saldare le sanzioni e per pagare il bollo auto.

Sull’App IO è possibile accedere a tutti i servizi ACI, tra cui ricevere certificati di proprietà digitali per i propri mezzi, ricevere promemoria per il pagamento del bollo auto, visualizzare un riepilogo dei certificati di proprietà intestati e pagare il bollo auto.

App IO: come pagare il bollo del tuo veicolo?

Dopo aver effettuato il login con le credenziali SPID o CIE, il contribuente/automobilista ha la possibilità di ricevere una notifica automatica che ricorda l’imminente scadenza del bollo auto. La notifica consente di effettuare un pagamento tramite Paypal.

Ecco gli steps che devi seguire per pagare il bollo auto con l’APP IO:

  • scarica l’applicazione IO sul proprio smartphone,
  • effettua il login all’app utilizzando le proprie credenziali SPID o CIE,
  • scegli la scheda Servizi dal menu in basso e poi Nazionali,
  • imposta il pagamento del bollo auto e attiva la notifica 15 giorni prima della scadenza,
  • inserisci nella scheda Pagamenti un metodo di pagamento,
  • procedi con il pagamento del bollo auto.

 

Pensione con 25 anni di contributi nel 2023: ecco chi può averla

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Pensione con 25 anni di contributi versati e 57 anni d’età: ecco chi sono i lavoratori che possono andare in pensione.

Il Dossier sulle Pensioni è sempre al centro del dibattito da parte del Governo: sono tante le novità che l’Esecutivo di Centro-Destra potrebbe introdurre a breve. È una corsa contro il tempo, ma nella pentola bolle qualcosa di nuovo.

La Meloni ha pensato ad una riforma previdenziale per l’anno 2023, introducendo un bonus busta paga. L’obiettivo è quello di mantenere una certa flessibilità, a patto che si rivaluti Quota 41 trasformandola in Quota 102. Inoltre, si mira a mantenere attiva Quota 103.

Piuttosto che penalizzare i lavoratori, l’Esecutivo Meloni starebbe riflettendo sulla possibilità di incentivare con bonus in busta paga quei lavoratori che rinviare il momento di uscita dal mercato occupazionale. Nel 2023 sarà possibile andare in pensione con 25 anni di contributi nel 2023: ecco chi può averla.

Pensione con 25 anni di contributi e 57 anni di età: quando è davvero possibile?

Attualmente è possibile accedere alla pensione di vecchiaia con 20 anni di contributi versati e con 67 anni di età. In alternativa, è possibile accedere alla pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi di contributi versati (per gli uomini). Le donne possono accedere alla pensione anticipata con 41 anni e dieci mesi di contributi versati.

Tuttavia, è possibile ritirarsi dal mercato occupazionale a 57 anni e avendo versato 25 anni di contributi. Per accedere con anticipo all’assegno previdenziale è necessario rispettare determinati requisiti contributivi.

Possono andare in pensione a 57 anni i lavoratori invalidi con capacità lavorativa pari ad almeno l’80%. Possono accedervi solo i lavoratori del settore privato, mentre sono esclusi i dipendenti pubblici e i lavoratori autonomi. Inoltre, possono accedere all’assegno previdenziale a 57 anni coloro che beneficiano della rendita integrativa temporanea anticipata (RITA), ovvero coloro che hanno accumulato capitale in un fondo di pensione. È necessario essere iscritti da almeno 5 anni ad un fondo di previdenza integrativa e si deve essere disoccupati da almeno 2 anni.

Bollo sulle fatture elettroniche: ci sono cambiamenti in arrivo a partire dal 2023

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Sono in arrivo interessanti novità a partire dall’anno 2023 in merito al bollo sulla fattura elettronica. Quali sono le istruzioni necessarie da seguire? Scopriamo quali sono gli importi che determinano lo scadenziario da rispettare. Dall’anno 2023 sale a 5000 euro il tetto entro il quale è possibile ritardare l’adempimento.

Cosa bolle in pentola in merito alle novità riguardanti il bollo sulle fatture elettroniche? Quali sono i cambiamenti in arrivo a partire dall’anno 2023? Le novità derivano dalle rettifiche alla normativa previste dal Decreto Semplificazioni. La soglia passa da 250 euro a 5000 euro entro la quale è possibile posticipare il pagamento del bollo sulle fatture elettroniche. Scopriamo quale è la dicitura da indicare sulle fatture e come procedere con il calcolo delle fatture.

Bollo sulle fatture elettroniche: calcolo e versamento imposta

La Circolare n. 14/E del 17 giugno 2019 contiene le istruzioni per quanto concerne il calcolo ed il versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche.

Gli importi del bollo sulle fatture elettroniche trasmesse al Sdl contengono una specifica dicitura e vengono calcolati direttamente dall’Agenzia delle Entrate. Il Fisco predispone il modello F24 precompilato entro la data di scadenza che deve essere rispettata per procedere al pagamento.

È il provvedimento pubblicato il mese di febbraio 2021 con il quale l’Agenzia delle Entrate ha individuato quali sono le modalità tecniche per procedere all’effettuazione delle integrazioni sulle fatture elettroniche, che vengono inviate al Sdl. La finalità è quella di adempiere correttamente al versamento dell’imposta di bollo. In caso di insufficiente o omesso versamento dell’imposta di bollo dovuta è necessario definire i termini e le modalità per comunicare con l’Agenzia delle Entrate.

Per procedere al pagamento del bollo sulle fatture elettroniche è necessario fare riferimento ai codici tributo istituiti dal Fisco. Ogni specifico codice deve essere indicato nel Modello F24 per ciascuno trimestre.

Pagamento Bollo sulle fatture elettroniche: entro quando va fatto?

Il pagamento del bollo per documenti e per atti emessi o utilizzati è annuale, mentre il versamento deve essere espletato in una soluzione entro 120 giorni dalla conclusione dell’esercizio.

L’articolo 13 dpr 642 del 1972 prevede le modalità di assolvimento dell’imposta di bollo nel caso di fattura elettronica e di fattura cartacea.

 

Cessione di quote srl senza notaio

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Pensioni INPS: ecco le novità a partire dal primo gennaio 2023

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Anno nuovo, vita nuova. Il Dossier sulle Pensioni è sempre al centro dell’attenzione da parte del Governo Meloni. Per l’anno 2023 si sta cercando di capire quali siano le novità che possono bollire in pentola. Il prossimo 29/30 dicembre potrebbero essere tantissime le novità sul fronte previdenziale. Tra le novità più attese i pensionati si attendono incrementi sull’assegno INPS. L’Esecutivo Meloni è a lavoro per garantire gli aumenti delle prestazioni previdenziali, ma anche quelli delle buste paga.

Pensioni INPS: si attendono gli aumenti

Già a partire dal mese di ottobre i cedolini INPS sono stati interessati dalla rivalutazione monetaria anticipata, ma a partire dal primo di gennaio sono previsti interessanti aumenti sull’assegno pensionistico. A partire dal giorno tre gennaio 2023 sarà accreditato l’assegno previdenziale aumentato. La rivalutazione monetaria degli assegni pensionistici INPS è prevista per la normativa vigente al 7,3%. Il voto finale della Manovra sugli assegni previdenziali è previsto al 30 dicembre. L’INPS ha confermato le rivalutazioni delle pensioni per il 2023 con la suddivisione in sei categorie reddituali. L’aumento dall’80 all’85% è previsto per tutti quei trattamenti previdenziali che arrivano fino a 5 volte il minimo.

Via all’incremento delle pensioni minime a 600 euro, ma solo per gli over 75

Inoltre, è previsto l’aumento delle pensioni minime fino a 600 euro, anche se il Leader di Forza Italia Silvio Berlusconi vorrebbe portarle a 1000 euro. Purtroppo, i conti statali non possono permettersi ulteriori stanziamenti. Tuttavia, l’aumento a 600 euro sarà riservato solo alla platea di pensionati over 75.

Confermata e prorogata Opzione Donna: il beneficio va alle mamme

Anche la misura previdenziale Opzione Donna è stata prorogata per tutto l’anno 2023. Una donna ha la possibilità di andare in pensione solo dopo aver compiuto i sessant’anni di età, ma senza figli. Una donna che abbia almeno due figli può beneficiare di uno sconto anagrafico pari a due anni. Pertanto, può andare in pensione a 58 anni. Una donna con un figlio potrà andare in pensione a 59 anni.

Modello ISEE 2023: come farlo e quali sono i documenti necessari?

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Per accedere ai bonus ed alle agevolazioni statali o locali i cittadini italiani sono chiamati ad aggiornare il modello ISEE 2023. Ad esempio, per continuare a percepire il Reddito di Cittadinanza anche per l’anno 2023 è necessario presentare il Modello ISEE 2023. Come farlo e quali sono i documenti necessari da presentare per procedere alla compilazione del Modello ISEE 2023.

Bisogna ricordare che mancano pochi giorni alla fine dell’anno 2022 e scadono tutti i modelli ISEE elaborati nel corso di quest’anno. A partire dal mese di gennaio 2023 sarà possibile elaborare l’ISEE 2023. Di conseguenza, è possibile procedere con la presentazione della domanda per richiedere un’agevolazione. Anche coloro che percepiscono l’Assegno Unico e non devono più presentare la domanda, hanno l’onere di procedere alla presentazione della nuova DSU per l’anno 2023.

ISEE 2023: cos’è? C’è aria di cambiamenti?

L’ISEE 2023 è un documento che fotografa la situazione economica di una famiglia, prendendo in considerazione sia i patrimoni (immobiliari e mobiliari) sia i redditi. Il calcolo dell’ISEE viene fatto in base al valore ed ad una serie di documenti che devono essere presentati.

Grazie all’ISEE è possibile accedere ad una serie di agevolazioni. Tuttavia, ci sono alcuni Comuni che hanno erogato bonus anti-inflazionisti una tantum richiedendo ai cittadini la presentazione del reddito imponibile e NON dell’ISEE. Qualcosa potrebbe cambiare?

Stop ISEE 2023: in effetti qualcosa potrebbe davvero cambiare

Tasse e bonus potrebbero essere calcolati non più con il Modello ISEE, ma con il Quoziente familiare. Si tratta di uno strumento che dovrebbe essere ancora più preciso dell’ISEE nel determinare il patrimonio delle famiglie. L’obiettivo è quello di erogare più aiuti economici e bonus ad una platea maggiore di beneficiari.

ISEE 2023: ecco quali documenti presentare

Salvo cambiamenti introdotti dal Governo Meloni, per richiedere l’ISEE 2023 è necessario presentare i seguenti documenti:

  • documenti anagrafici del soggetto dichiarante e del proprio nucleo familiare;
  • documenti del patrimonio mobiliare e immobiliare;
  • documenti relativi ai redditi percepiti;
  • documenti da presentare in caso di disabilità.

Tregua fiscale, la sanatoria sarà applicabile solo nel caso di dichiarazione presentata in modo regolare?

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Continuano le discussioni ed i dibattiti volti a correggere la Legge di Bilancio 2023. Nel frattempo, il provvedimento continua a slittare per cercare un valido accordo in merito agli emendamenti presentati. Tra le novità più interessanti c’è la c.d. “tregua fiscale”. La novità sulla sanatoria prevede la revisione dell’articolo 40 del DDL di Bilancio. La modifica mira ad escludere dalla sanatoria le dichiarazioni non regolarmente presentate, ovvero le dichiarazioni omesse.

Nel caso in cui l’emendamento fosse approvato, la sanatoria resterebbe preclusa a coloro che non hanno presentato in modo del tutto regolare la dichiarazione. Ricordiamo che la sanatoria prevede la possibilità di pagare le imposte con l’irrogazione di sanzioni ridotte ad 1/18 del minimo. Coloro che sono esclusi dalla sanatoria possono ricorrere alla rateizzazione dei debiti tributari. Il numero di rate trimestrali è pari a otto.

Tregua fiscale e Sanatoria: le novità

La sanatoria non trova applicazione nei casi in cui sia stato emesso atto di liquidazione, di recupero, di accertamento o di contestazione. Nella sanatoria il periodo ricompreso riguarda le dichiarazioni che sono state presentate regolarmente nell’anno 2021 e quelle relative agli anni precedenti. La normativa specifica che la regolarizzazione è consentita a patto che le violazioni non siano state oggetto di contestazione alla data del pagamento della prima rata.

Una volta che la misura sarà oggetto di ufficializzazione i contribuenti che avranno accesso alla sanatoria dovranno rispettare le scadenze fissate. Con il pagamento della prima rata si perfeziona l’iter di regolarizzazione.

Quando si perde la riduzione delle sanzioni?

Il contribuente perde il diritto di beneficiare della riduzione delle sanzioni con il mancato rispetto del termine di una rata. Il beneficio della rateizzazione decade con il mancato pagamento entro la scadenza della rata successiva. Pertanto, il buon consiglio è quello di pagare in modo regolare le rate entro la scadenza concordata. Solo in questo modo si può beneficiare della riduzione delle sanzioni.

 

Cartella di pagamento: come puoi impugnarla? È possibile?

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Quante volte ti sarai chiesto come puoi impugnare la cartella di pagamento. Appena si riceve una cartella di pagamento subito ci si dispera, ma non deve essere una tragedia. Se non si è debitori non bisogna assolutamente disperare, meglio mantenere la calma e capire come procedere con l’impugnazione della cartella di pagamento.

Cartella di pagamento: cos’è?

La cartella di pagamento è un atto che l’Agenzia delle Entrate o Riscossione emette nei confronti del contribuente al fine di comunicargli di essere stato delegato da una PA creditrice per recuperare l’importo dell’imposta dovuta e non pagata. INPS, Agenzia delle Entrate, Comuni, INAIL e altri uffici pubblici possono essere creditori e possono rivolgersi all’Agenzia delle Entrate o Riscossione per emettere e notificare la cartella di pagamento.

La cartella di pagamento notificata dall’Agenzia Entrate o Riscossione deve indicare l’anno di omissione del pagamento, il tipo di imposta non adempiuta, l’Ente titolare del credito, l’importo che deve essere pagato comprensivo di interessi e sanzioni, la data di iscrizione a ruolo del tributo e le modalità e i termini per fare ricorso contro la cartella notificata.

È necessario sapere che cosa sia la cartella di pagamento in quanto si tratta dell’ultimo avvertimento al debitore per procedere al pagamento. Ma, è possibile anche presentare l’opposizione entro la scadenza indicata sulla cartella. Una volta scaduto il termine indicato sulla cartella, essa diventa titolo esecutivo e l’Agente della Riscossione può procedere con il pignoramento.

Cartella di pagamento: come procedere all’impugnazione?

La cartella di pagamento deve essere contestata dal contribuente prima che diventi definitiva. Per procedere all’impugnazione della stessa, i termini da rispettare sono i seguenti:

  • 20 giorni in caso di impugnazione del pignoramento per vizi formali o procedurali,
  • Quaranta giorni se la cartella ha ad oggetto contributi previdenziali dovuti all’Inps o all’Inail,
  • 30 giorni nel caso in cui la cartella ha ad oggetto una contravvenzione per violazione al Codice della Strada,
  • 60 giorni se la cartella ha ad oggetto tasse e tributi).

Impugnare una cartella di pagamento: quali sono le cause?

Tra le cause per procedere all’impugnazione di una cartella di pagamento c’è il termine di prescrizione dei debiti esattoriali ed il termine di decadenza dei debiti esattoriali.

 

Vuoi acquistare la prima casa? Ecco quali sono le agevolazioni che puoi beneficiare

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Un sogno nel cassetto di tutti quanti è quello di acquistare una casa ad uso residenziale. Sono soprattutto i giovani a voler acquistare un immobile per esigenze non solo di investimento, ma per coronare un sogno di una vita. Lavoro, fatica e soldi per acquistare la prima casa e per iniziare a costruire il proprio nido familiare. Quali sono le agevolazioni prima casa che si può beneficiare? Scopriamolo.

Acquistare la prima casa: le agevolazioni

Tra le agevolazioni prima casa, vi è l’applicazione per l’acquirente di un immobile di abitazione dell’imposta di registro nella misura di due punti percentuali e dell’imposta catastale ed ipotecaria ciascuna nella misura di 50 euro. Nel caso in cui si acquisti un immobile ad uso residenziale si è esenti dall’imposta di bollo e dalle tasse ipotecarie.

Quali caratteristiche deve avere l’immobile per beneficiare delle agevolazioni?

A seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 10 del d.lgs n. 23 del 2011, l’imposta di registro per l’acquisto della prima casa è dovuta nella misura del 2% per i trasferimenti di case di abitazione, “ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9”. A decorrere dal 1° gennaio 2014, l’applicabilità delle agevolazioni prima casa risulta vincolata alla categoria catastale in cui è classificato o classificabile l’immobile.

Non possono godere delle agevolazioni prima casa gli immobili appartenenti alle seguenti categorie catastali: le abitazioni di tipo signorile (cat. A/1), le abitazioni in ville (cat. A/8), i castelli e i palazzi di eminenti pregi artistici e storici (cat. A/9).

Le agevolazioni prima casa spettano nel caso di trasferimento di un immobile in corso di costruzione, purché l’immobile sia classificabile nelle categorie catastali (da A/2 ad A/7). Inoltre, le agevolazioni prima casa spettano nel caso di acquisto contemporaneo di immobile contiguo ad altra casa di abitazione già acquistata dallo stesso soggetto fruendo delle agevolazioni prima casa.

Per quanto concerne il requisito della residenza, l’immobile deve essere ubicato nel Comune in cui l’acquirente abbia la residenza entro il termine di diciotto mesi dalla stipula della prima casa. Altro requisito da soddisfare è quello di non possesso di altro immobile.

Cosa fare nel caso di mancata richiesta delle agevolazioni prima casa?

Se si acquista un immobile ad uso residenziale e si abbia omesso di richiedere le agevolazioni prima casa, si può sopperire a tale mancanza mediante la stipula e la successiva presentazione di un atto integrativo.

Acconto IVA entro il 27 dicembre: chi deve pagarlo e come versarlo?

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Appuntamento con il Fisco prima della chiusura del corrente anno 2022: la data da segnare sul calendario è fissata per il prossimo 27 dicembre 2022. Il versamento dell’acconto IVA per le liquidazioni periodiche di chiusura dell’ultimo mese o dell’ultimo trimestre dell’anno deve essere effettuato utilizzando il modello F24 mediante il canale telematico. Per procedere al calcolo dell’acconto IVA è necessario utilizzare uno dei tre metodi: metodo storico, analitico e previsionale.

Acconto IVA entro il 27 dicembre: a chi spetta?

L’Acconto IVA entro il 27 dicembre spetta a tutti i contribuenti che effettuano liquidazioni e versamenti mensili e trimestrali.

Acconto IVA entro il 27 dicembre: come si calcola?

L’acconto IVA entro il 27 dicembre può essere calcolato ricorrendo a determinate metodologie di computo per determinare l’IVA.

Metodo storico

Il primo metodo di calcolo dell’acconto IVA è quello storico: l’acconto IVA è pari è pari all’88% del versamento effettuato, o che avrebbe dovuto essere effettuato, per il mese o trimestre dell’anno precedente. L’88% si applica sulla base di calcolo rappresentata al debito d’imposta risultante: dalla dichiarazione annuale IVA (per i contribuenti trimestrali), dalla liquidazione relativa al mese di dicembre dell’anno 2021 (per i contribuenti mensili), dalla liquidazione periodica del quarto trimestre dell’anno 2021 (per i contribuenti trimestrali “speciali” – autotrasportatori, imprese di somministrazione acqua, gas, energia elettrica, etc.)

Metodo analitico

Per quanto concerne il calcolo dell’acconto IVA con il metodo analitico, esso si basa sulle operazioni svolte fino al giorno 20 dicembre. L’acconto IVA è pari al totale dell’importo risultante da un’apposita liquidazione che tiene conto dell’IVA relativa alle operazioni effettuate, ma non ancora registrate o fatturate, dal 1° novembre al 20 dicembre; alle operazioni annotate nel registro delle fatture emesse dal 1° dicembre al 20 dicembre (per i contribuenti mensili) o dal 1° ottobre al 20 dicembre (per quelli trimestrali).

Metodo previsionale

L’acconto IVA viene calcolato sulla base di una stima delle operazioni da effettuare sino alla fine dell’anno. L’acconto è pari all’88% ed è necessario procedere al versamento in sede di dichiarazione annuale IVA, se si tratta di contribuenti trimestrali ordinari; per il mese di dicembre (se si tratta di contribuenti mensili), mentre per i contribuenti trimestrali speciali il versamento è previsto per il IV trimestre.

Acconto IVA: come procedere con il versamento?

L’acconto IVA deve essere versato con il modello di versamento F24 e devono essere utilizzati i seguenti codici tributo:

  • 6013 per i contribuenti mensili,
  • 6035 per i contribuenti trimestrali.